Il consorzio dell'oliva

Svolta epocale, nasce il Distretto dell’Olio molisano: “Esportare in tutto il mondo”

Motore del progetto don Luigi Di Majo Norante: “Vogliamo coprire 10mila ettari di oliveti sul territorio”. Decisiva la legge regionale, l’assessore Cavaliere: “L’unione fa la forza”. Un’ottantina di aziende si sono consociate per dar vita a un prodotto di altissima qualità, supportati da Unimol, Neuromed, Gemelli Molise e da tutte le associazioni di categoria.

Un Olio extravergine di qualità tutto molisano che possa competere in Italia e nel mondo. Obiettivo ambizioso, “un sogno” l’ha definito don Luigi Di Majo, storico padre della Di Majo Norante che a quasi 94 anni ha deciso di puntare anche sull’olio. O meglio, su un consorzio che metta insieme le aziende del settore per diventare forti e competitivi. Ovunque. “Vogliamo coprire 10mila ettari di oliveti sul territorio molisano” annuncia senza giri di parole.

Ma di cosa stiamo parlando? Da pochissimo la Regione Molise si è dotata di una legge che permette, anzi incentiva i cosiddetti Distretti del cibo, ovvero consorzi che uniscano le aziende del territorio sotto un unico marchio nostrano. I primi a mettersi insieme sono stati i produttori di olio: “Presentiamo ufficialmente il primo distretto dell’olio – spiega l’assessore all’agricoltura Nicola Cavaliere –. Ci sono aziende che hanno avuto l’intelligenza e la lungimiranza di ragionare insieme per un prodotto d’eccellenza che sul nostro territorio rappresenta qualità e alto livello. Tutto ciò rientra in un discorso di territorio, di biodiversità, di prodotti di qualità”.

Si tratta di una legge importante perché “il Ministero ogni anno mette a disposizione risorse per i Distretti del cibo. Si tratta di un rafforzamento delle produzioni, visto che il Molise ha produzioni di nicchia, l’unione fa la forza e il Molise avrà poteri contrattuali maggiori sul territorio”. In questa prima fase sono coinvolti 81 attori consociati intorno al progetto che può vantare pilastri come Unimol, Neuromed, Gemelli Molise. Oltre alle associazioni di categoria: Coldiretti, Confagricoltura e Cia sono unite per lo stesso obiettivo.

Storicamente in Molise si è sempre avuta molta difficoltà a unire le forze e a rinunciare al proprio orticello. Da oggi cambiano le cose, almeno nell’ambito dell’olio. E si spera possano lasciarsi attrarre a breve anche i produttori di vino, di cereali, di frutta secca. “Don Luigi è stato un martello pneumatico, il vero motore di questo progetto” ammette Cavaliere. E proprio il titolare dell’omonima azienda vinicola spiega com’è nata l’idea ambiziosa.

“Conto che possiamo essere operativi nel giro di poco – dice Di Majo –. La nostra priorità è coinvolgere i giovani e farli rimanere in Molise. Ma per farlo dobbiamo essere attrattivi e puntare forte sulla promozione e sulla innovazione. Dobbiamo immediatamente mettere a dimora le piante, mettere in moto i frantoi. Il nostro olio dovrà essere esportato in tutto in mondo. Abbiamo combattuto tre anni per questo progetto, ora bisogna correre. E accedere soprattutto ai finanziamenti statali, senza i quali sarebbe impossibile”.

Distretto dell'olio molisano

Don Luigi vorrebbe ammirare “le nostre colline piene di oliveti che possano anche abbellire il paesaggio. E miglioreranno anche l’ambiente assorbendo l’anidride carbonica. Insomma, il settore dell’olio può e deve creare opportunità di lavoro e di guadagno, e il turismo ne risentirà sicuramente in maniera positiva. Cosa mi spinge a fare tutto ciò? La passione…”.

Un Distretto ha bisogno di ogni tipo di figura. In special modo di tecnici. Come l’agronomo Manlio Cassandro, che illustra come dovrà essere l’olio molisano: “Biologico, di origine protetta e di indicazione geografica protetta. Il Distretto deve essere considerato la comunione dei problemi e la casa delle soluzioni. Nascerà il Tavolo dell’Olio al quale aderiranno aziende collaterali, come quelle del vetro, dei tappi per esempio. E seguiremo pedissequamente la strategia dettata dall’Unione Europea”.

Concetti chiave saranno l’ammodernamento degli impianti, il recupero degli oliveti abbandonati e lo sfruttamento delle terre non coltivate: “Arrivare a 10mila ettari di nuovi impianti è un sogno, un obiettivo ambizioso. Ma vogliamo riuscirci tutti insieme”.

Il professore dell’Unimol Antonio De Cristofaro aggiunge che “l’Università fin dal primo momento si è buttata nel progetto, e va dato atto al grande impulso di don Luigi Di Majo. Bisogna dire che per individuare un prodotto di qualità il territorio va diviso per aree di olio, con caratteristiche di alta qualità: esiste la varietà che ricorda il pomodoro acerbo, quella di erba tagliata e un’altra di frutti di bosco”.   fds

commenta