La pubblicazione

A Napoli un pezzo di storia molisana nel glorioso Ospedale degli Incurabili. Ramaglia, il medico dalla parte dei poveri

La ricerca di documenti d’archivio di Tamilia e Paduano su Pietro Ramaglia svela non pochi dettagli.

C’è uno stretto legame tra la storia di Termoli e quella napoletana nella nascita delle esperienze più illuminate. C’è uno stretto legame tra Napoli e svariati personaggi molisani, protagonisti nell’arte medica e nel campo del soccorso sociale per via di una innovazione rivoluzionaria a quei tempi impensabile. Un nesso, dunque, all’insegna di valori che mai devono crollare.

pizzuto rapuano tamilia ricercatori

La ricerca di importanti documenti d’archivio su Pietro Ramaglia, condotta da Gabriella Paduano e don Gabriele Tamilia a Napoli, presso il glorioso Ospedale Santa Maria del Popolo degli Incurabili, porta, appunto, alla scoperta di non pochi dettagli. Animati da studiosi e da personaggi storici che hanno lasciato non poche tracce nella nostra realtà regionale.

Dopo la bella pubblicazione sui “Principi Francone nel Contado di Molise”, i due autori Paduano e Tamilia, che a breve pubblicheranno una monografia sul noto medico della corte borbonica, hanno di recente visitato i luoghi dove appunto l’illustre medico, nativo di Ripabottoni, ha svolto la sua professione. Tra i segreti di Napoli, dove le sorprese non finiscono mai, la coppia dei due studiosi ha visitato la dimora dell’illustre clinico Pietro Ramaglia, in via Santa Margherita a Fonseca, e la chiesa nel Rione Stella dove furono celebrate le sue nozze. Per scoprire la documentazione più preziosa sono stati accompagnati dal primario chirurgo Gennaro Rispoli, direttore del Museo delle Arti Sanitarie, sito all’interno del glorioso Ospedale di Santa Maria del Popolo degli Incurabili. Dove appunto viene conservata una rara e ricca documentazione sanitaria.

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L’ospedale, tra l’altro, comprende un patrimonio d’arte di tutto rispetto. Custodisce infatti importanti testimonianze del Rinascimento napoletano. L’Ospedale degli Incurabili fu fondato nel 1521 dalla nobildonna spagnola Maria Lorenza Longo, beatificata da Papa Francesco il 9 ottobre 2021. Il complesso ospedaliero è simbolo di carità. Nella filosofìa dell’attuale vivere civile vale per qualsiasi tipo di società. Nasce da un voto fatto dalla Beata perché, dopo il ritorno da un pellegrinaggio a Loreto, guarì da una malattia che l’aveva paralizzata.

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Senza nessuna distinzione tra poveri e ricchi è un primo esempio di struttura sanitaria destinata ai malati che non avevano nulla per curarsi. L’ospedale curava anziani, orfani, poveri, bimbi abbandonati, prostitute ammalate di sifilide. Accoglieva madri nubili o povere abbandonate a se stesse. Nel Cinquecento si occupava perfino di casi di pazzarìa. “Qualsiasi donna, ricca o povera, patrizia o plebea, indigena o straniera, purchè incinta, bussi e le sarà aperto”. E’ questo il messaggio della fondatrice che spicca all’entrata.

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Nella sua azione umanitaria Maria Lorenza Longo viene sostenuta dalla duchessa di Termoli Maria D’Ayerbo d’Aragona, moglie del Duca Andrea di Capua. Grazie al suo sostegno si acquistano nuovi terreni e proprietà per dare vita ad uno dei primi esempi di cittadella ospedaliera. Oggi questo imponente complesso è il fiore all’occhiello di un patrimonio culturale che, nel suo genere, senza dubbio costituisce un unicum.

Per volontà di Maria d’Ayerbo, suo marito Andrea Di Capua, duca di Termoli e conte di Gambatesa, viene seppellito presso la Chiesa di Santa Maria del Popolo degli Incurabili. Tra le curiosità nel 2019 un crollo all’interno del sacro edificio ha provocato il cedimento della tomba della duchessa di Termoli. Attualmente per le condizioni in cui versa è difficile visitarlo.

A Gambatesa, invece, sull’acquasantiera della Chiesa di San Bartolomeo si conservano ambedue gli stemmi nobiliari della coppia ducale. L’illustre medico Pietro Ramaglia, nativo di Ripabottoni (1802-1875) opera con successo nell’Ospedale degli Incurabili. Al medico ripese si deve il metodo diagnostico alla base della medicina moderna. Come afferma Lucio Palombini, professore emerito di Anatomia Patologica, il Ramaglia eccelse nello studio sul cadavere del malato. Dopo il manuale di “Notomìa topografica”, scrive “La scoverta e teoria della gangrena”. Francesco de Sanctis, primo Ministro della Pubblica Istruzione del Regno d’Italia, lo chiama alla cattedra di Anatomìa Patologica. Ramaglia vantava una lunga esperienza in clinica ospedaliera e più di tutti migliaia di autopsie. Dopo aver studiato per quarant’anni la meningite tubercolare mette a disposizione della scienza una casistica senza precedenti. I suoi “Studi sulla meningite basilare granulosa” vengono pubblicati postumi nel 1876 dalla moglie Marianna Jambelli. Dalla consultazione dei documenti d’archivio, presenti nel fondo napoletano, emerge una figura di spicco nel campo del medicina.

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Pietro Ramaglia, proveniente da una umile famiglia di Ripabottoni, prima di raggiungere Napoli per dedicarsi agli studi di medicina, ha studiato nel seminario di Larino. Si tratta di un medico illustre da ricordare come si deve. Suo discepolo è stato Antonio Cardarelli, un altro illustre medico molisano. Pietro Ramaglia riposa a Napoli nell’antico cimitero delle 366 Fosse. Chiamato così per il numero delle sepolture corrispondenti ai giorni dell’anno, compreso quello bisestile. La sua costruzione si deve all’Arciconfraternita di Santa Maria del Popolo degli Incurabili. Progettato dall’architetto Ferdinando Fuga sulla base di una visione tipicamente illuminista, è il primo esempio di cimitero costruito fuori dalla città. E’ qui che venivano seppellite le salme dei poveri provenienti dall’Ospedale degli Incurabili. In questo caso è chiara la volontà del Ramaglia di riposare per l’eternità accanto ai suoi malati.

In definitiva un clinico famoso e ricercatissimo. Fedele ad una visione dalle ampie aperture mentali, dalla parte dei bisogni della povera gente. Finora si è trattato di un viaggio di studio alla ricerca di un sapere inedito. Aspettiamo con piacere, dunque, questa nuova pubblicazione di Gabriella Paduano e don Gabriele Tamilia. Certamente arricchirà il patrimonio culturale del Molise. Ancora tutto da scoprire.

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