I dettagli dell'operazione

La bomba al night e il coniglio della poliziotta squartato: violenza e armi, così spadroneggiava la mala albanese. Coinvolti tre molisani

Uno in carcere, uno ai domiciliari e un altro con una misura più lieve: sono i tre molisani indagati nell’indagine ‘Blue Marine’ che prende il nome dal bar di San Salvo sequestrato durante il blitz che ha portato a 25 misure cautelari per traffico di droga ed estorsioni con metodo mafioso

C’è la droga, in arrivo quasi sempre dalla Calabria e smerciata sulle piazze di Vasto, San Salvo e Montenero di Bisaccia. E poi ci sono le armi: pistole, fucili e persino esplosivi. Quella che carabinieri e guardia di finanza hanno smantellato lunedì mattina è un’organizzazione criminale di matrice albanese che non si faceva scrupoli nel minacciare, sparare, far esplodere ordigni.

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Sono 25 le ordinanze di custodia cautelare eseguite nelle scorse ore dalle forze dell’ordine su ordine del Gip dell’Aquila, Marco Billi, che ha dato seguito alle indagini del pm Stefano Gallo. Fra gli indagati, gran parte ha scelto di farsi difendere dal legale termolese Pino Sciarretta.

Sono finite in carcere 18 persone, altre 2 sono ai domiciliari, misure più lievi infine per 5 persone. Fra gli indagati tre molisani. Un 36enne di Campobasso residente a San Salvo è finito in manette, un termolese di 37 anni, anche lui residente a San Salvo, è ora ai domiciliari, mentre un 48enne di Montenero di Bisaccia ha ricevuto una misura cautelare più leggera.

I fatti si riferiscono quasi tutti alla costa meridionale abruzzese, ma il metodo mafioso che viene contestato agli indagati ha fatto sì che fosse la Direzione Distrettuale Antimafia dell’Aquila a coordinare le indagini, diretta conseguenza dell’operazione ‘Evelin’ che nel 2019 aveva scoperchiato l’esistenza di un’altra organizzazione criminale albanese, sostituita nei mesi successivi proprio da quella dell’operazione di lunedì 24 gennaio. (QUI UN ARTICOLO)

I fatti, avvenuti tutti fra il 2019 e il 2020, fotografano uno spaccato inquietante del controllo del territorio fatto di intimidazioni, estorsioni, spaccio di droga, ma anche collegamenti con organizzazioni mafiose ben più consolidate.

Fra gli arrestati ci sono due calabresi, uno originario di Rosarno e residente a Francavilla al mare, l’altro di Vibo Valentia ma residente a Montesilvano. Sarebbero loro, secondo gli inquirenti, ad aver fatto da trait d’union tra le ndrine calabresi e la mala albanese a San Salvo. In particolare uno dei due era addetto a mantenere stabili contatti fra Abruzzo e Calabria. Le ndrine erano per altro operative anche in Puglia e in Emilia-Romagna.

Fiumi di droga, in arrivo dalla Calabria ma anche dall’estero, sono stati spacciati in questi mesi dall’organizzazione smantellata con l’operazione ‘Blue Marine’: cocaina ma anche eroina, hashish e marijuana.

Proprio nello spaccio di droga erano impiegati, secondo l’indagine, i tre molisani. Sia nel trasporto di grandi quantità di stupefacenti che nello smercio al dettaglio sulle piazze di Abruzzo e Molise.

L’impressione che si ricava è che la mala albanese si sentisse intoccabile, arrivando a minacciare di morte davanti ad altre persone chi rifiutava di abbassare la testa e cedere alla violenza.

Uno degli episodi più inquietanti è quello relativo alle intimidazioni subite da una poliziotta della Questura di Vasto che si stava occupando delle indagini sulla criminalità albanese. Secondo gli inquirenti sarebbero stati alcuni degli indagati a farle ritrovare il coniglio di famiglia squartato davanti all’ingresso di casa.

Ma le intimidazioni colpivano anche attività imprenditoriali, come il ‘Memory Night Club’ di Casalbordino, dove gli albanesi hanno tentato di sistemare uno dei loro uomini come addetto alla sicurezza, classica modalità estorsiva delle organizzazioni criminali. Davanti al rifiuto dei titolari del night, erano arrivati a far esplodere una bomba nel quadro elettrico del locale.

E poi le botte rifilate a un cittadino cinese la cui unica colpa è stata quella di vincere una ingente somma alle slot machine del bar ‘Blue Marine III’, locale di via Grasceta, all’ingresso di San Salvo, di proprietà del principale indagato. Davanti alle richieste di riscuotere il denaro vinto alle macchinette, il cinese è stato infatti brutalmente pestato riportando una prognosi di alcuni giorni.

Impunità che era tale anche grazie all’utilizzo disinvolto delle armi. Sono diversi gli episodi segnalati dagli inquirenti di utilizzo di fucili e pistole di vario calibro. Uno degli indagati viene descritto infatti non solo come ‘direttore dell’associazione’, ma anche col ruolo di ‘detentore e custode di armi da fuoco dell’associazione’.

Chiaramente le infiltrazioni criminali sono giunte ben più in profondità, andando a inquinare anche il tessuto economico locale, visto che gli interessi della mala albanese spaziavano dai negozi di ortofrutta alle concessionarie di auto, tutte attività legali utilizzate principalmente per il riciclaggio di denaro sporco.

 

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