Inchiesta sul caporalato

Strage di braccianti, arrestato per sfruttamento l’imprenditore del Gargano. Attesa per il processo molisano

Ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari per l'imprenditore agricolo 53enne di Cagnano Varano ritenuto responsabile dello sfruttamento dei braccianti, 12 dei quali morirono in un tragico schianto sulla Statale 16 nei pressi di Lesina nell'agosto 2018. Per quell'incidente fu aperta una inchiesta anche in Molise, che vede tuttora coinvolti 3 imprenditori di Campomarino dove 7 di quei lavoratori nordafricani morti venivano impiegati irregolarmente, secondo l'accusa

È stato arrestato, e si trova ai domiciliari, l’imprenditore agricolo del Gargano che ‘sfruttava’ i braccianti per la raccolta dei pomodori, 12 dei quali morirono tragicamente nell’incidente avvenuto a Lesina (bivio di Ripalta) sulla Statale 16 nell’estate 2018.

Si è chiusa dunque oggi l’attività di indagine dopo la strage di Ripalta, costata il 6 agosto 2018 la vita a 12 braccianti agricoli nordafricani che viaggiavano su un furgone che dal Molise li riportava in Puglia. A seguito dell’incidente furono aperte due inchieste. Quella molisana vede indagati con l’accusa di caporalato e sfruttamento del lavoro tre imprenditori di Campomarino per i quali lavoravano 7 dei 12 braccianti morti.

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Per quanto riguarda il filone pugliese dell’inchiesta, i Carabinieri della compagnia di Vico del Gargano hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari nei confronti di un 53enne imprenditore agricolo di Cagnano Varano, con gravi precedenti di polizia, ritenuto responsabile in concorso del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Le indagini condotte dalla Procura della Repubblica di Foggia con l’ausilio dei reparti del comando provinciale Carabinieri e dell’Ispettorato del lavoro sono partite da quel tragico incidente avvenuto nel primo pomeriggio del 6 agosto di 3 anni fa. Molti lo ricorderanno: 14 cittadini africani che si trovavano a bordo di un furgone Ford si scontrarono frontalmente con un Tir. 12 di loro – di età compresa tra i 21 e i 41 anni – furono estratti senza vita dalle lamiere a seguito di quel terribile schianto, altri due hanno invece riportato ferite gravi.

La Procura, a seguito delle indagini, ha accertato che l’allora 51enne cagnanese e suo figlio di 26 anni assumevano e  impiegavano nei loro terreni per la raccolta di pomodori 17 braccianti agricoli nordafricani reclutati da un caporale extracomunitario trentanovenne – deceduto anche lui nell’incidente – sottoponendoli a condizioni di lavoro e abitative inaccettabili. Quella mattina di agosto – come ha appurato l’indagine – le vittime avevano svolto l’attività di raccolta di pomodori sui terreni dell’azienda agricola della località Marina di Capojale. Molto grave il quadro indiziario emerso a carico dei due indagati, come riporta il sito Immediato.net: “reiterata retribuzione dei braccianti gravemente sproporzionata, metodica violazione della disciplina degli orari di riposo dei lavoratori, violazione della normativa sulla sicurezza dei luoghi di lavoro e sottoposizione dei lavoratori a condizioni di lavoro degradanti”. Risultanze, queste, documentate dalle dichiarazioni rese da altri braccianti e da quelli sopravvissuti all’incidente stradale nonché dalle consulenze tecniche svolte dalle analisi delle documentazioni aziendali. Determinante ai fini dell’indagine la decifrazione di un block notes ritrovato all’interno del furgone il giorno dell’incidente, rivelatosi un promemoria usato dagli intermediari per l’impiego degli extracomunitari.

L’indagine, come detto, coinvolse anche il Molise dove lo straniero ‘caporale’ risultava avere svolto la stessa illecita attività a favore di un’azienda agricola (di Campomarino appunto) che aveva visti impiegati anche i braccianti deceduti nello schianto di Ripalta.

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