Campobasso

Contrae il covid in ospedale e muore, inchiesta va avanti: nel mirino i percorsi promiscui del Cardarelli

Nominato un consulente tecnico per il caso dlel'anziana ricoverata con una flebite e morta per polmonite da covid: ha preso il virus in ospedale. Al vaglio il mancato rispetto della separazione tra percorsi covid e no covid e l'organizzazione dei vertici Asrem. Soddisfazione del Comitato Verità e Dignità Vittime

Gennaio 2021: portata d’urgenza al pronto soccorso del Cardarelli a causa di una flebite e negativa al covid, come da tampone molecolare al quale è stata sottoposta appena messo piede in ospedale. Pochi giorni un nuovo test molecolare: questa volta è positivo. La donna, trasferita nel reparto covid insieme ad altri anziani fragili, è morta per una polmonite bilaterale. Chiarissima la causa del decesso: Sars Cov 2. Come e dove ha contratto il virus? Per la famiglia non ci sono dubbi: in ospedale, dove non sono stati garantiti i percorsi separati e dove si sono verificati focolai del virus per “negligenza” e “superficialità”.

Questo è uno dei casi sui quali la Procura della Repubblica di Campobasso indaga con l’obiettivo di accertare la fondatezza delle denunce presentate dai familiari di molte vittime covid in Molise, e rispondere al loro sospetto, cioè che a causare la morte dei loro cari sia stata la cattiva gestione del Cardarelli di Campobasso, che per tutta la durata della emergenza è rimasto il nosocomio di riferimento visto che la torre covid il Molise non è mai stata aperta (i avori non sono stati nemmeno avviati) malgrado la disponibilità di finanziamenti e malgrado l’obbligo, da parte di Regione e Azienda Sanitaria, di attivare un presidio dedicato.

Adesso, a distanza di 10 mesi da quella morte, il tribunale di Campobasso ha nominato un consulente tecnico per accertare le responsabilità del decesso dell’anziana paziente. La famiglia aveva dato mandato allo studio di Vincenzo Iacovino, chiamando in causa la Asrem e soprattutto il suo direttore generale Oreste Florenzano, in capo al quale c’è  l’organizzazione dei nosocomi. Il consulente d’ufficio, proveniente da un’altra regione forse anche per evitare conflitti, dovrà fornire le risposte a diversi quesiti.

Per quale ragione La donna è deceduta? Che tipo di misure cliniche e organizzative sono state adottate all’ospedale Cardarelli? Che trattamento è stato eseguito dai medici sulla paziente nella fase della degenza, sia prima che dopo il manifestarsi della sua positività al covid? Il Comitato nato proprio in seguito al numero elevatissimo di morti al Cardarelli collegato a vario titolo alla pandemia e ai focolai innescati in ospedale a causa della contaminazione tra aree covid e no covid, esprime fiducia nella giustizia e ricorda che in uno dei tre esposti presentati in Procura sono state denunciate proprio le criticità, confermate dai medici, che hanno causato il contagio e la morte della donna.

Gli stessi primari e medici del Cardarelli avevano evidenziato come, mentre la pandemia dilagava in ospedale, era impossibile gestire le tante situazioni in emergenziali nelle unità operative mentre veniva paralizzata l’attività chirurgica di sala operatoria del Cardarelli, di fatto unico ospedale della regione. Queste disfunzioni sarebbero state determinate “dalle scelte e valutazioni organizzative che hanno determinato di fatto la conversione dell’ospedale Cardarelli in ospedale covid”.

 ll presidente del Comitato Verità e Dignità vittime covid Mancini scrive ora, documenti e denunce alla mano: “Nonostante i medici abbiano sollecitato interventi urgenti per risolvere le denunciate criticità, la dirigenza della Asrem non ha provveduto al riguardo. Tanto è vero che si è poi verificato proprio quanto preannunciato dai diversi medici, al punto che il 7 gennaio 2021 hanno denunciato nuovamente circa 20 contagiati nel reparto di chirurgia a causa della promiscuità di percorsi covid e non, determinando una pandemia colposa. Altra denuncia arriva il 20 gennaio 2021: i medici di medicina interna del Cardarelli  evidenziano l’impossibilita strutturale di collocare i pazienti negativi in ambienti singoli; l’indisponibilità di spazi da destinare in aree grigie; il continuo positivizzarsi dei pazienti cosi come di medici e infermieri; il numero dei degenti costantemente superiore a quello previsto, con l’aggravante di dover curare i pazienti appoggiati nei diversi reparti con rischio di promiscuità; il perpetuarsi delle condizioni che hanno contribuito allo sviluppo dei focolai noti all’azienda; le condizioni di rischio, di stress in ci versa  il personale tutto”. In Molise sono state circa 500 le vittime del Covid.