L'Ospite

L'ospite

Gesù offensivo e insolente

arcabas il volto di cristo

 di don Mario Colavita

 

Nel vangelo di Giovanni al capitolo 6, quello che stiamo leggendo da più settimane, c’è un passo in cui si dice che i discorsi di Gesù, le parole sul pane della vita sono difficili: “questa parola è dura! Chi può ascoltarla?” (Gv 6,60).

Il greco usa una parola skleros è usata anche nel nostro linguaggio corrente sclerotico è colui che dimentica o si irrigidisce su alcune cose portandolo a non comprendere.

Skleros significa anche essere duro, aspro, ostinato, insensibile. Nel linguaggio biblico la parola ha un preciso significato: l’inaccessibilità dell’uomo all’invito di Dio. Nel Nuovo Testamento vengono considerati sclerotici gli uomini che non si aprono al vangelo, i giudei e i pagani ma anche i discepoli di Gesù, che non capiscono l’evento della croce di cui dovranno essere testimoni.

Per coloro che ascoltano la parola di Gesù il discorso è offensivo ed insolente perché ha preso le distanze dal mito dell’esodo, il mito della liberazione. Gesù ha detto chiaramente che i padri anche se hanno mangiato la manna “Sono tutti morti  nel deserto” e questo per loro era inaccettabile. Non comprendono l’invito di Gesù a farsi pane e servire gli altri, mentre loro hanno una mentalità in cui domina il comando, il regnare, il prestigio e questo significa che la parola di Gesù avrà tanta difficoltà ad entrare nella vita dei giudei.

Questo discorso duro trova opposizione anche tra i discepoli, essi dice il testo, mormorano. Il mormorare è sempre una mancanza di fiducia, una distanza da Dio e dalla sua Parola.

Gesù rincara la dose e dice: “Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era  prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho
detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono”
(Gv 6,61-64).

Qui sta il cuore per aderire e accogliere Gesù. Il salire richiama sia la croce sia la risurrezione, questo è scandalo per coloro che non credono in lui; la forza dello Spirito è più grande della carne e questo è scandalo per coloro che non credono.

Per comprendere Gesù bisogna con umiltà fidarsi della sua parola, con la nostra mentalità a volte troppo superficiale e veloce non ce la facciamo.

Le parole di Gesù, il vangelo hanno una forza per quelli che credono in lui, altrimenti diventano inutili e senza senso.

La conclusione di questo grande discorso sul pane di vita non è bella. Molti discepoli se ne vanno, i giudei gli dicono male, i pagani non ci capiscono niente, insomma Gesù è riuscito a scontentare quasi tutti, ad essere offensivo e insolente.

All’orizzonte del brano  emerge la figura del discepolo credente che si fida e si affida alle parole del maestro. Pietro che rappresenta la Chiesa e tutti coloro che hanno rimosso gli ostacoli dice: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio” (Gv 6,69).

È la Chiesa che si fa credente, accoglie e ascolta le parole dure di Dio e dice: si, io credo, io mi fido di quello che dici e fai, si io mi fido e so che quel pane è per la vita eterna.

Nel tempo della pandemia molti cristiani sono venuto meno nel credere. Sociologi della religione registrano un allontanamento dalla Chiesa  e un calo di fede motivato da tante circostanze.

Alla domanda secca: “Lei ha una vita spirituale?” il 66,4% degli italiani risponde no!

La cosa ancora più brutta non è soltanto il dato statistico, più della metà degli italiani non ha una vita spirituale, è la mancanza di nostalgia di una vita spirituale.

I sociologi concludono che se la devozione la spiritualità non interessano più vuol dire due cose: In un mondo tutto emozionale, la spiritualità è stata sostituita da altro, dallo yoga alla musica pop, alla partita della nazionale; l’uomo moderno ha perso il contatto con la sua dimensione interiore, si è addormentata l’anima.

La parola del vangelo di Giovanni, penso, aiuta a risvegliare le anime per far rientrare gli uomini a contatto con l’interiorità.

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