Il post covid fa più paura del covid

San Timoteo nel baratro, grido dei medici contro “scelte nefaste” di Asrem e politici che “privatizzano” la sanità

Una lettera sottoscritta da 19 medici dell'ospedale di Termoli inviata alle autorità sanitarie e politiche alza il velo sull'operazione di smantellamento e impoverimento dell'ospedale di Termoli, la cui naturale conseguenza è dirottare i pazienti fuori regione e sui centri privati. "Medici umiliati. Reparti smantellati o ridimensionati. Cittadini costretti a emigrare fuori regione per potersi curare. Personale allo stremo e zero soluzioni per il turnover. I commissari straordinari che si sono succeduti nel tempo non hanno migliorato nulla, mentre c'è stato uno scollamento istituzionale tra il personale in servizio e la direzione generale Asrem, più incline e sensibile alle esigenze dei referenti politici che a quelle di strutture e cittadini”.

Medici umiliati. Reparti smantellati o ridimensionati. Cittadini costretti a emigrare fuori regione per potersi curare. Personale allo stremo e zero soluzioni per il turnover. Ma non solo: “I commissari straordinari che si sono succeduti nel tempo non hanno migliorato nulla, mentre c’è stato uno scollamento istituzionale tra il personale in servizio e la direzione generale Asrem, più incline e sensibile alle esigenze dei referenti politici che a quelle di strutture e cittadini”.

San Timoteo di Termoli, su il velo. Sono gli stessi medici protagonisti di una denuncia senza precedenti, un documento di 27 pagine inviato il 22 maggio scorso alla Asrem guidata da Oreste Florenzano, alla struttura commissariale al cui vertice c’è Flori Degrassi e alla Regione Molise. Oggetto del focus, ispirato da uno stato di insofferenza e disperazione che all’indomani della emergenza covid tenta una riflessione a tutto campo sulle attuali condizioni della sanità bassomolisana, l’ospedale San Timoteo. A firmare il documento è l’ex direttore sanitario Gianni Serafini che ha rassegnato le sue dimissioni con signorilità ma anche determinazione, facendo intendere benissimo di essere stato lasciato solo e di non aver trovato alcun interlocutore all’altezza delle problematiche reali di una struttura che ha un bacino di utenza di 10mila persone è più.

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Insieme con lui hanno apposto la firma quasi tutti i primari e i primari facente funzione dei reparti ospedalieri, con poche eccezioni. È una denuncia che mette nero su bianco anche le ragioni della progressiva perdita di attrattività dell’ospedale, intendendo per attrattività la capacità di attrarre i pazienti e farli sentire in buone mani, come si richiede a una sanità degna di questo nome. La conseguenza di questa operazione, che va avanti da anni ma che certamente, complice anche l’emergenza da covid-19, negli ultimi tempi ha raggiunto livelli inediti, è la privatizzazione di fatto della sanità, la spinta inevitabile verso i centri e le strutture private dal momento che il bene-salute è l’unica cosa sulla quale non si può scegliere di sorvolare. Se stai male e devi curarti ti curi, a costo di indebitarti per andare in centri costosi quando la sanità pubblica non ti garantisce il diritto alla cura.

toma florenzano terapie intensive san timoteo

Secondo i 19 firmatari – che parlano a ragion veduta – è esattamente quello che è successo e sta succedendo con l’ospedale di Termoli. Si parte dal fallimento del piano operativo 2016-2018 che non ha portato a nessun beneficio economico significativo e ha danneggiato anzi l’offerta, obbligando l’utenza a cercare assistenza al di fuori delle strutture regionali o in centri privati convenzionati. E questo – si legge nero su bianco – è un dato di fatto incontrovertibile. Le cause? “La chiusura e il ridimensionamento di reparti che per anni, dati alla mano, hanno prodotto buona sanità in questo ospedale, il crollo delle attività chirurgiche programmabili, il ridimensionamento delle unità operative”. Ma anche la “mancata nomina dei primari con il persistere della prassi di primari facenti funzione”, che essendo dei nominati e non dei vincitori di concorso indeboliscono la catena di comando. Tradotto: possono prendere poche decisioni e marginali, vivono sotto il ricatto costante di essere rimossi, né hanno la possibilità di diventare primari effettivi perché i concorsi, sempre annunciati, non vengono banditi. A chi conviene?

“Le risorse umane sono state svuotate e impoverite a tutti i livelli e questo ha creato una stanchezza generale e un proliferare delle cosiddette prestazioni aggiuntive, spesso senza controllo e anche contro la norma nazionale. Prestazioni indispensabili per mantenere aperti i reparti (anche se costosissime). “Scelte nefaste” dicono i medici “che hanno danneggiato il San Timoteo, che dopo la riduzione dell’offerta ha causato la riduzione della domanda”. Non solo i pazienti si rivolgono meno all’ospedale ma i sanitari non vogliono andarci a lavorare e questa è una cosa “mai accaduta prima”, per quanto comprensibile visto che oggi il medico è la figura professionale più richiesta e che per invogliare un camice bianco è necessario mostrargli un progetto di sviluppo e di rilancio. Un progetto di sviluppo e rilancio che a Termoli non c’è.

ospedale campo croce rossa san timoteo

Le accuse sono molteplici e sono suffragate da mesi, se non anni, di lotte contro i mulini a vento. “Ricorso sistematico a ingiustificabili deroghe ad personam, una discutibile applicazione della legge di riordino ospedaliero e dell’organizzazione che ha privato il Molise di un centro Hub di secondo livello, umiliando gli operatori delle strutture pubbliche e in modo particolare gli operatori dell’ospedale termolese”. Un baratro che ha avuto inizio, dicono ancora i sottoscrittori del documento, 10 anni fa e che negli ultimi 6 anni è stato accelerato.

“Il covid ha congelato la situazione preesistente ma lo stato di guerra ha smascherato la debolezza della sanità pubblica già denunciata in passato. I commissari non hanno migliorato nulla e i vertici delle direzioni Asrem sembrano molto più inclini ad accontentare i referenti politici (che li nominano e garantiscono loro lo stipendio, ndr). La disponibilità in alcuni casi eroica degli operatori per mantenere i servizi per quanto possibile non ci deve far perdere di vista che le attività sanitarie devono svolgersi in sicurezza e con un basso rischio clinico, ma questo clima ormai non è più presente in molte delle nostre funzioni”. Operatori fiaccati dalle prestazioni aggiuntive, attività a rilento. “Più volte abbiamo chiesto di recedere da questo sistema delle prestazioni aggiuntive – dicono ancora i medici – ma se lo facessimo si bloccherebbero le attività operatorie, l’assistenza ortopedica, pediatrica, urologica, ginecologica e il Pronto Soccorso. Queste prestazioni hanno un costo elevatissimo a cui sommare le prestazioni appaltate a società private esterne per tappare i buchi nei turni e che sono prestazioni di basso livello. Né la nuova governance aziendale ha fatto qualcosa per migliorare questo stato di cose: in questi 15 mesi l’attenzione e gli sforzi sono stati tutti concentrati contro il covid ma ora bisogna mettere le basi per il futuro del San Timoteo, chiarire le intenzioni e i programmi di sviluppo, rivedere le politiche discriminatorie verso gli ospedali pubblici del Molise che sono state praticate in maniera selvaggia”.

Coinvolgimento maggiore nella programmazione, “basta con le decisioni calate dall’alto che ledono la funzionalità di questo ospedale”. Parole che riecheggiano nella stessa nota di dimissioni firmata, una settimana dopo l’invio di questa relazione, dall’ex direttore Gianni Serafini costretto ad alzare bandiera bianca in quel ruolo ma determinato ad andare avanti come primario di un reparto che, così come altri del San Timoteo, era un fiore all’occhiello della sanità pubblica del territorio.

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