Second life

Maria e la sua terza gravidanza nel ‘buio’ della pandemia. “Luce è stata la mia rinascita”

Quel nome così evocativo scelto per la sua bambina, la sua terza figlia, sottolinea la netta contrapposizione tra un prima - tetro e ansiogeno a causa del periodo pandemico - e un dopo, con quella vita nuova che apre alla speranza

“Luce, Luce, Luce, Luce!”, così ha risposto Maria Fusco all’ostetrica che dopo il parto le ha chiesto che nome volesse dare alla neonata.

La giovane mamma, 32enne di Termoli, ha vissuto tutta la gravidanza nel bel mezzo della pandemia e a marzo ha dato alla luce, è proprio il caso di dirlo, la sua bambina. “Ovviamente non era programmato tutto ciò, la mia vita è tutt’altro che organizzata, men che meno mi sono programmata quando fare i figli! – scherza – Inaspettatamente nell’estate scorsa ho scoperto di essere rimasta incinta. Inizialmente la notizia mi ha scossa, ma ho subito pensato che era una incredibile opportunità di rinascita, una vita lo è sempre”. E quella vita Maria inconsciamente la desiderava da un po’, come ci racconta, e forse proprio il buio della pandemia ha messo maggiormente in evidenza questo desiderio. E questo contrasto.

Maria, a dispetto della sua età, è già madre di due bambini. Ludovica, nata quando Maria aveva appena 24 anni, oggi di anni ne ha 7. Sedici mesi dopo di lei è arrivato Lorenzo, che oggi frequenta la prima elementare.

E i fratellini come hanno accolto la nuova presenza in famiglia? “Bene, anche se ancora qualche giorno fa (Luce oggi ha circa 2 mesi, ndr) li ho sentiti conversare e chiedersi reciprocamente se si fossero già abituati a Luce”. In tutta la loro candidezza si sono detti entrambi che no, non si erano ancora abituati ma che erano a buon punto.

“L’ho visto con questa pandemia e con le annesse regole imposte. Loro hanno sofferto molto, specie per il dover rimanere a distanza dai propri amici. Ma si abituano con maggiore facilità di noi adulti, sono incredibili”. Maria non è preoccupata di questo, sa che i suoi figli maggiori ameranno la piccola sorellina incondizionatamente.

Ma facciamo un passo indietro. Maria è abituata a ‘prendere le cose come vengono’, a ridefinire la sua quotidianità e la sua vita ogni volta che interviene un cambio di programma. Questa gravidanza però non è stata una gravidanza qualsiasi. “I primi mesi, quelli estivi, sono stati tranquilli (nausea a parte). Ma sapevo che con l’arrivo dell’autunno sarebbe arrivata la seconda ondata e questo mi preoccupava”. Così infatti è stato e gli ultimi mesi del 2020 e quelli invernali del 2021 sono stati i più duri, per lei in modo particolare. Il contagio riprendeva quota, il suo pancione cresceva, i bambini erano alle prese con la Dad e lei – che peraltro lavora come Assistente all’autonomia e alla comunicazione in un istituto professionale termolese – era l’unica a casa che poteva seguirli. “Ero terrorizzata dal fatto che il mio compagno, che per lavoro frequenta molte persone, potesse riportare il virus a casa. In più mi trovavo a dover gestire, nelle condizioni in cui ero, tutte le difficoltà di Ludovica e Lorenzo con la scuola a distanza. Per giunta chiusa in casa e sola, perché i nonni non potevano venire a casa ad aiutarmi”. L’ansia di Maria man mano cresceva. Insomma, “non me la sono certo goduta questa gravidanza, lontana anni luce dall’immaginario collettivo che lega questo evento alla spensieratezza”.

Una donna incinta deve affrontare un enorme cambiamento che avviene all’interno del suo corpo. Ma contestualmente a questo cambiamento Maria ne ha dovuto affrontare un altro, e bello grande: quello esterno imposto dall’epidemia che ha travolto le nostre esistenze. E all’incredulità di aspettare un figlio si è sommata l’incredulità – che ha riguardato tutti noi  – nell’accettare una malattia globale e ‘inaspettata’ come questa.

Maria, che incontriamo al parco di Termoli in una bella giornata di sole con la sua bambina infagottata nella carrozzina, ripercorre con noi le fasi – particolarmente ansiogene – del periodo appena alle spalle. “C’è stato un momento in cui la mia ansia è arrivata alle stelle, quando una mia cara amica (di 30 anni, ndr) incinta come me ma di qualche settimana più avanti si è ammalata di Covid”. Lì il già fragile equilibrio di Maria è quasi crollato. “Sapere che a un certo punto lei ha iniziato a non respirare bene, e tutto questo con un bambino nella pancia, mi ha sconvolto. Mi vengono ancora i brividi a pensarci”. Al peggiorare delle condizioni di salute la sua amica-gemella è stata ricoverata, non qui ma a Foggia, dove c’è un reparto dedicato alle mamme-Covid. La situazione però è precipitata anche lì: quando hanno capito che la ragazza doveva essere intubata le hanno indotto il parto e subito dopo l’hanno portata in Terapia Intensiva, mentre il suo bambino è stato affidato alle cure del reparto di Neonatologia. Per fortuna tutto si è risolto per il meglio, ma questa esperienza ha quasi gettato nel panico Maria, che in quei frangenti si è confrontata con lo spettro di potersi ammalare e di dover essere separata da sua figlia.

Non è andata così, e oggi Maria può raccontare tutto quanto ha vissuto con una ritrovata serenità. “Sono sì un’ottimista, e guai a non esserlo. Però talvolta mi faccio prendere da pensieri catastrofisti. Ma per fortuna me ne rendo conto e faccio marcia indietro, e in questo mi è di grande aiuto anche il mio compagno Mattia”. I pensieri negativi poi hanno smesso di aleggiare intorno a Maria poche settimane prima del parto. “Ho iniziato a tranquillizzarmi pensando all’imminente arrivo della primavera. I contagi man mano calavano e ho riacquistato speranza. Anzi è stato proprio il pensiero dell’arrivo del caldo che non mi ha gettato nel buio”. No, nel buio non ci è finita anche perché poco dopo è nata Luce.

All’inizio della terza settimana di marzo in realtà Maria ha vissuto forse l’ultimo ostacolo della sua travagliata gravidanza. “Dalle analisi è emerso che avevo la ferritina bassissima e il medico ha voluto che mi ricoverassi subito”. In quell’occasione Maria ha ricevuto per la prima volta in vita sua una trasfusione di sangue, quantomai necessaria per riprendere forze e, poi, partorire. “È stato bellissimo, ho pensato che grande cosa che ci siano persone che donano il proprio sangue!”. Rimessa in forze, Maria poche ore dopo ha messo al mondo la sua bambina. Con il suo terzo parto naturale, proprio come sperava che accadesse.

Da quel momento tutto è cambiato, un’aura nuova la ha avvolta e non l’ha più abbandonata. Maria guarda la sua bambina e non fa che ripetere che lei è la sua, “la nostra”, Luce. “È stata davvero una rinascita, dopo un anno e mezzo durissimo”.

maria fusco

L’età diversa (rispetto alle prime due gravidanze) unita all’impatto della pandemia “che ci ha fatto cambiare idea su molte cose” hanno modificato in parte il suo modo di essere mamma. “Le paure sono sempre le stesse, così come le aspettative. Ma i timori ora sono amplificati”. Uno su tutti: “Coi primi due figli ero molto più gelosa. Oggi con lei non lo sono ma ho un istinto di protezione amplificato. Succede quando le persone si avvicinano troppo a lei o quando entriamo in un posto chiuso. Naturalmente lei non ha la mascherina!”.

Ma a mutare è stato soprattutto, più in generale, l’atteggiamento nei confronti del cambiamento. Maria, che caratterialmente da questo punto di vista era avvantaggiata proprio per la sua predisposizione ad accettare la confusione e l’imprevisto, oggi ha compreso ancor di più quanto questo aspetto sia essenziale. “Il cambiamento, come quello di un figlio che arriva a stravolgere la tua vita, non è in sé né negativo né positivo. Ti dà però l’opportunità di migliorarti. E se la pensi così lo accetti”. Non subendolo, ma essendo parte attiva di esso. Il cambiamento, in altre parole, non è una cosa fuori di noi che ci capita e basta, bensì un’opportunità che ci viene offerta, e il positivo o il negativo dipende da quello che noi ci mettiamo dentro. “Forse la pandemia, che tanti danni ha fatto, può avere questo risvolto positivo. Cambiando quest’ottica, le mamme potranno tramandare questa attitudine ai figli”.

A Maria è successo proprio questo. La rigidità proprio non faceva parte di lei ma grazie alla nascita di Luce si è rinforzata in lei la convinzione che “la vita è imprevedibile, e che bisogna vederla come qualcosa di unico di cui dover approfittare. Così ho fatto io con Luce. All’inizio mi son detta che sarebbe stato difficile, anche perché ho già due figli e un lavoro precario, e che non ce l’avrei fatta. Poi mi sono detta ma perché non dovrei farcela?”. Già, perché non dovremmo farcela?

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