Short curved hairs

Dopo ‘Don’t stop about battigia’ l’inglese di Termoli scivola sulle ‘ciglia’. Nuovo cartello-figuraccia al porto

I nuovi segnali stradali sistemati dalla Regione Molise in area portuale sembrano una burla e invece è un clamoroso errore di traduzione che conferma la scarsa dimestichezza con la lingua d'Albione

Ci risiamo. Dopo quello che poi è stato il tormentone della scorsa estate, ecco che dei nuovi cartelli a Termoli – precisamente nella zona del porto – riaccendono l’attenzione e, probabilmente, l’ilarità di tanti.

Qualcuno già si sta chiedendo se sia opera di qualche buontempone o di un pluri-rimandato in inglese. Chiariamo, a scanso di equivoci, che nulla c’entra il Comune di Termoli. “Non è una zona di nostra competenza”. Ed è così perché l’area portuale è di competenza regionale e l’errore è da addebitare all’Ufficio lavori marittimi e portuali.

Del tutto improbabile – anche se sarebbe più facile farci una risata sopra – che l’opera ‘magna’ sia una boutade. No, non lo è. Piuttosto è un caso – difficilmente comprensibile ma tant’è – di mala traduzione dall’inglese. Da ridere? Dipende dalle sensibilità.

I fatti. Da pochi giorni sono comparsi nella zona portuale – il cartello in foto si trova nei pressi della Dogana, nella discesa che da via del Croix conduce alla rotonda e dunque al porto (ma ce n’è uno identico in viale Marinai d’Italia) – cartelli di questo tipo. In formato maxi va in scena la incompetenza – come volete chiamarla sennò? – di qualche funzionario non meglio precisato che ha convalidato quanto poi effettivamente scritto sul cartello.

In italiano è tutto chiaro: «E’ (per i puristi della lingua italiana la forma corretta sarebbe È ma soprassediamo, ndr) vietato transitare e sostare a veicoli e pedoni entro i tre metri dal ciglio della banchine». Benissimo, spiegazione discretamente esauriente. Peccato che poi ci sia la traduzione in inglese, del tutto fantasiosa. «each of the short curved hairs growing on the edges of the eyelides, serving to protect the eyes from dust particles».

Avete capito bene, e se non avete dimestichezza con l’inglese vi forniamo la contro-traduzione della traduzione, che suona all’incirca così: “ciascuno dei peli corti e ricurvi che crescono sui bordi delle palpebre, servono a proteggere gli occhi dalle particelle di polvere”. Ergo, si tratta della traduzione della parola ‘ciglia’, plurale di ‘ciglio’, ovvero della peluria che cresce sulle palpebre per svolgere una funzione protettiva dell’occhio. Ma non è il caso di spiegare questo, perché tutti noi sappiamo a cosa servono le ciglia, piuttosto non sappiamo cosa queste c’entrino con dei cartelli che avvisano gli utenti di un porto di potenziali pericoli. A Termoli succede però questo.

D’altronde la cittadina adriatica non è nuova a scivoloni di questo tipo. Ricordate forse la famigerata vicenda – che risale a un anno fa – dei cartelli sulle spiagge che, in periodo Covid, suggerivano ai bagnanti: “Don’t stop about battigia”. Sicuramente sì, anche perché quello strafalcione, frutto sempre di una traduzione nefasta originata da un cattivo uso di Google Translate, divenne un tormentone e finanche un brano di una band nata per l’appunto su quel caso mediatico.

Chissà che la Battigia Band non trovi ispirazione anche dall’originale ciglio del porto.