La storia

Mandato in coma con un pugno, Giuseppe sogna una nuova vita. “Mi dice mamma, se mi vuoi bene riportami a Termoli”

La sera del 17 ottobre il 18enne Giuseppe Pio D'Astolfo venne colpito con un cazzotto alla tempia da un ragazzino e finì in ospedale per quattro mesi. Ora vuole lasciare Lanciano e la mamma Paola lancia un appello: "Aiutatemi a trovare lavoro"

Giuseppe Pio ora sta meglio. Parla, cammina, riesce a mangiare da solo. Ma la sua vita non è più la stessa. Quella di prima è stata cancellata da un’aggressione, un pugno sulla tempia che l’ha mandato in coma per un mese. Era il 17 ottobre scorso, quando ancora uscire la sera era possibile, prima dell’esplosione della seconda ondata Covid.

Quell’episodio avvenuto nella zona della stazione Sangritana di Lanciano finì su tutti i giornali, anche quelli nazionali. Giuseppe Pio D’Astolfo, nato in Svizzera da genitori italiani, vive a Lanciano (provincia di Chieti), ma è cresciuto a Termoli, dove ha fatto le scuole dell’obbligo. Quella sera di cinque mesi fa era in compagnia di amici quando al culmine di un diverbio, per futili motivi, un ragazzino gli sferrò un cazzotto. Ebbe il tempo di rialzarsi, incamminarsi verso casa con gli amici prima che questi si rendessero conto delle sue condizioni e chiamarono un’ambulanza. Un mese di coma a Pescara, poi il risveglio, il trasferimento nelle Marche per la prima parte della riabilitazione. Poco tempo fa il rientro a casa, dove però è tutto diverso. Adesso Giuseppe vuole andare via. A raccontarlo è sua madre Paola Iasci, 53 anni.

“Ricordo ancora quella domenica mattina: ero al lavoro, a casa di una signora che assisto, visto che faccio la badante. Mi telefonò mio marito, mi disse che stava venendo a prendermi. Lì per lì non mi disse cos’era successo. Ricordo che andammo dai carabinieri, poi in ospedale”.

Per lei fu uno choc. “Vidi un ragazzo in un letto d’ospedale, era tutto fasciato, coperto di tubi e tubicini. Quasi non lo riconobbi, poi però vidi il suo tatuaggio: era il mio Giuseppe”.

Da lì iniziò un percorso di speranza e di lotta. Dopo due tentativi a vuoto, il giovane si risvegliò dal coma. “Quando gli dissero che era novembre rimase scioccato” ricorda mamma Paola.

Di quella aggressione e dei suoi risvolti giudiziari può raccontare poco. C’è un’indagine in corso, cinque aggressori sono stati individuati, fra i quali un 13enne rom che sarebbe colui che ha sferrato il pugno. “Quando sarà il momento dirò delle cose anche di chi poteva soccorrerlo prima e non l’ha fatto”.

Il suo sguardo è rivolto al futuro. Il 18enne ha riportato un grave trauma cranico epidurale e non può tornare al lavoro nella ditta di surgelati nella quale aveva trovato occupazione. Ha qualche difficoltà di deambulazione e nell’esprimersi, oltre che problemi alla vista. Con un marito che ha altri gravi problemi di salute, Paola è riuscita comunque a tenersi stretto un lavoro come badante e sottolinea con orgoglio di aver fatto nella vita anche “la cassiera al supermercato da Limongi, la baby sitter e l’agente immobiliare alla Gabetti. Io voglio continuare a lavorare ma non possiamo restare a Lanciano”.

Giuseppe infatti è reduce da un trauma di non poco conto. “Non esce mai da solo e una volta gli è capitato di incontrare uno degli aggressori. Per lui è stato come rivivere quel trauma. Mi ha detto chiaramente ‘mamma, se mi vuoi bene riportami a Termoli’”.

Questo ragazzone di quasi due metri, “il mio gigante buono’, come lo chiama Paola, ha ancora tanti amici nella città adriatica. Oltretutto molti parenti risiedono in Molise e Termoli è stata casa loro per oltre un decennio. Sarebbe un ritorno a casa, non certo un inizio da zero.

“Ma ho bisogno di aiuto per trovare un lavoro. Anche da badante o da cassiera, magari appena si esce da questa emergenza per il Covid, così avremmo anche il tempo di organizzare il trasloco. Io voglio lavorare, non cerco l’elemosina. Un buon lavoro e magari una casa in affitto non troppo costosa, anche non ammobiliata ma dove possiamo tenere il nostro cagnolino. Spero qualcuno mi possa aiutare”.

La famiglia D’Astolfo negli scorsi mesi aveva organizzato una raccolta fondi e tramite il programma televisivo ‘Le Iene’ era riuscita a racimolare una buona somma. Ma chiaramente Giuseppe ha bisogno di cure costose, poiché la riabilitazione è lunga e gravosa per le casse familiari.

Nel frattempo lui sogna di diventare uno stilista. “Fa dei disegni per delle magliette. Stiamo cercando di capire se creare una cooperativa o una Onlus. Il suo sogno è ricominciare una vita a Termoli”.

Chi vuole aiutare Giuseppe e la sua famiglia può scrivere a giulianapaola41@gmail.com

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