Petrella tifernina

Focolaio a scuola, per la preside il contagio partito dallo scuolabus o in una festa privata. Ma i genitori vanno in Procura

Ci sono versioni diverse sull'origine del cluster che ha scatenato il panico a Petrella Tifernina. La dirigente scolastica Rita Massaro spiega: "La maestra positiva non solo non presta servizio abitualmente nella classe quarta, ma alla data del 27 gennaio non aveva alcun congiunto convivente affetto da covid-19". Tuttavia, il padre di un alunno pensa di rivolgersi alla magistratura per fare chiarezza: "Io penso che ci possa prefigurare il dolo, c'è stata una mancanza da parte di qualcuno".

Qual è l’origine del focolaio scoppiato all’interno della scuola di Petrella Tifernina? La magistratura potrebbe essere chiamata a fare chiarezza sui contagi accertati negli alunni della quarta elementare. Per i genitori, alcuni dei quali vogliono presentare un esposto in Procura, non ci sono dubbi: tutto è cominciato il 27 gennaio, dopo che una maestra ha fatto eseguire un canto nell’ambito della Giornata della Memoria promossa per ricordare le vittime dell’Olocausto.

Per la dirigente scolastica Rita Massaro non è così: “L’Istituto Alighieri adottato il protocollo per la prevenzione ed il contrasto da covid-19, come previsto dalla normativa di riferimento”. Piuttosto, a suo dire, potrebbero esserci sospetti sul servizio di trasporto degli studenti e su una festa privata a cui “hanno partecipato gli alunni della quarta elementare”, ossia la classe interessata dal cluster covid.

La preside che guida l’istituto comprensivo ‘Dante Alighieri’ di Ripalimosani (di cui fa parte anche il plesso di Petrella Tifernina) è convinta: difende l’insegnante su cui i genitori hanno puntato il dito e cita invece altre situazioni in cui le regole anti-contagio non sarebbero state osservate.

Ecco la sua versione dei fatti. Innanzitutto, “la maestra positiva non solo non presta servizio abitualmente nella classe quarta, ma alla data del 27 gennaio 2021 non aveva alcun congiunto convivente affetto da covid-19 (dettaglio che non è stato riferito nell’articolo pubblicato ieri da questa testata, ndr). Oltre all’insegnante, c’è una decina di scolari con infezione da nuovo coronavirus che hanno contagiato anche i genitori: ieri sono stati riscontrate 17 diagnosi di positività, ma in queste ore saranno sottoposti a test molecolare gli altri scolari della primaria.

La dirigente scolastica ricorda che “il contagio da Sars-Cov-2 è assimilato a quello da malattie infettive e parassitarie, pertanto è difficile o impossibile stabilire il momento contagiante”. E quindi  “non è automatico che il contagio sia scoppiato nell’ambito dell’attività didattica svolta in presenza” nè si può accertare che “sia stata la maestra e non viceversa gli alunni a far innestare il contagio”.

A supporto delle sue argomentazioni la preside riferisce di “un video girato dalle maestre per ricordare l’Olocausto dal quale si evince chiaramente che i bambini e le docenti hanno agito nel rispetto delle norme”. 

L’origine del focolaio che ha scatenato il panico a Petrella Tifernina potrebbe essere un altro. “Alcuni bambini, di cui uno che sarebbe risultato positivo, usufruiscono del servizio scuolabus non gestito dalla scrivente”, spiega la dirigente scolastica. “Infine si è appreso per le vie brevi che alcuni alunni frequentanti la classe quarta della scuola primaria di Petrella Tifernina si sarebbero incontrati, in una casa privata, per una festa nei giorni precedenti il 27 gennaio”.

Chissà cosa penseranno i genitori degli alunni che stanno vivendo ore di ansia e che ieri hanno tempestato di telefonate la dirigente scolastica proprio per chiedere spiegazioni sul focolaio.

A loro dire, le cose non sono andate esattamente così. Il padre di un alunno contagiato (e che ci chiede l’anonimato a tutela del figlio) ha intenzione di presentare un esposto in Procura.

“I bambini con la carica virale più alta sono quelli che si trovano in prima fila”, argomenta.  E poi: “Perchè la maestra ha fatto il tampone? Aveva dei sintomi sospetti o aveva il dubbio di essere stata a contatto con un positivo? Allora a scuola non doveva andare. Inoltre il canto è stato vietato”. Dunque, racconta, “io sto valutando di sporgere un esposto in Procura, c’è stata una mancanza da parte di qualcuno e questo va chiarito. Dal mio punto di vista si prefigura il dolo: se per imperizia, incoscienza o per malafede non sta a me stabilirlo. La scuola è un posto sicuro se si rispettano le regole. Ma se c’è un cluster partito dalla scuola di un paese di 1200 abitanti – osserva il padre dell’alunno – significa che qualcosa non ha funzionato”.

I genitori sono terrorizzati dall’effetto domino che si potrebbe scatenare anche perchè, raccontano ancora, “l’insegnante positiva svolge attività didattica in tutte le classi della primaria”.

Quanto si allargherà il cluster lo vedremo nelle prossime ore, all’esito dei tamponi a cui saranno sottoposti gli alunni delle elementari e delle medie.

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