Lo scorso 17 gennaio, dopo il richiamo del vaccino, hanno ricevuto il ‘patentino d’immunità’. “Siamo fortunate”, ammettono. Perchè nel caos e nei ritardi della campagna vaccinale, con Pfizer che ha interrotto la fornitura delle dosi, loro hanno ricevuto la prima e la seconda somministrazione. Antonietta Romano e Antonietta Spallone, infermiera e oss del reparto di Rianimazione dell’hub covid del Molise, l’ospedale Cardarelli di Campobasso, sono state tra le protagoniste del vax day del 27 dicembre, quando in tutta Europa è partita la campagna vaccinale.
Nove giorni fa hanno ricevuto il richiamo: in pratica sono tra le persone che hanno ricevuto i 100.863 i richiami di vaccino anti-Covid somministrati finora in Italia, secondo l’ultimo report della Presidenza del Consiglio dei ministri riportato ieri dall’Ansa. Attualmente il totale delle dosi vaccinali somministrate a livello nazionale è di quasi 1,38 milioni, pari al 74,4% di quelle distribuite.
“Fra poco sapremo se siamo immuni: ci sottoporremo a un test sierologico per verificare se abbiamo sviluppato gli anticorpi che si iniziano a produrre dieci giorni dopo il vaccino. E questo si può certificare solo con un prelievo ematico”, spiega l’infermiera Antonietta Romano che intervistiamo assieme alla collega oss Antonietta Spallone. In una chiacchierata di pochi minuti si riesce a comprendere lo sforzo sovraumano che si sta compiendo nella famosa ‘trincea’ del Cardarelli. Lo sforzo non è solo fisico, non è dovuto ‘solo’ all’enorme mole di lavoro che gli operatori sanitari stanno affrontando nell’ultimo anno, ma è anche un sacrificio mentale. “Non ce la facciamo più a vedere le persone morire, tutti devono vaccinarsi contro il covid”, sottolineano le due colleghe (in foto con altri due operatori sanitari di Terapia Intensiva, anch’essi vaccinati ndr).
Entrambe non hanno dubbi: “Considerando i ritardi nelle consegne dei vaccini, ci possiamo considerare veramente fortunate perchè siamo state tra le prime”. Stesso discorso per gli effetti collaterali, molto lievi per tutte e due. “Innanzitutto non ho mai avuto paura. Poi dopo il vaccino ho provato un lieve indolenzimento al braccio, un po’ di sonnolenza e astenia (la stanchezza, ndr), credo dovuta anche al fatto che il giorno dopo ho percorso 60 chilometri in bicicletta“, dice ridendo Antonietta Romano a cui – spiega – tante persone nei giorni scorsi hanno chiesto come si sentisse. “E io rispondo loro: ‘Sto bene, ancora non sono diventata un uomo’”, dichiara prima di scoppiare in una fragorosa risata. “E soprattutto non è vero che il vaccino modifica le cellule”.
Le fa eco la collega Antonietta Spallone: “Mi sono sentita bene, anche io ho provato solo un leggero indolenzimento al braccio, simile a quello che si prova dopo aver fatto il vaccino antinfluenzale”.
![patentino immunità covid vaccini](https://www.primonumero.it/photogallery_new/images/2021/01/generico-gennaio-2021-185566.jpg)
Nonostante abbiano ricevuto la ‘patente d’immunità’, le due operatrici sanitarie continueranno ad osservare le norme per evitare il contagio: mascherina, distanziamento sociale, frequente lavaggio delle mani e niente luoghi affollati. “Dobbiamo usare tutte le precauzioni, continuare a proteggere noi e gli altri”, ribadisce Antonietta Spallone. Anche perchè “l’immunità dovrebbe durare sei mesi – aggiunge la collega – e poi ci sono stati casi di una ricaduta, persone che hanno sviluppato per la seconda volta la covid. E’ un po’ come avviene per la normale influenza stagionale”.
C’è di più: la ‘missione’ delle nostre due eroine in corsia si è ampliata. Il loro esempio, riconoscono proprio loro, serve a sensibilizzare gli scettici rispetto al vaccino. Per questo le due professioniste sanitarie colgono l’occasione offerta dall’intervista con Primonumero per lanciare un messaggio: “Bisogna vaccinare più persone possibile altrimenti non si crea l’effetto gregge e non ritorneremo ad una vita normale”.
“Il vaccino è una speranza per tutti, è una piccola luce in fondo al tunnel”, insiste l’operatrice sociosanitaria. “Anzi, mi auguro che nel più breve tempo possibile possano vaccinare tutti gli operatori sanitari, le forze dell’ordine, gli anziani”. Diversa l’opinione della sua collega: “Io penso che sia prioritario vaccinare le categorie produttive. E’ vero, i nostri nonni hanno fatto la storia e sono importanti, non possiamo dimenticarlo. Ma chi lavora ha paura di infettarsi: le commesse dei negozi, gli insegnanti della scuola e i docenti universitari, coloro che sono a contatto con il pubblico. Ecco – precisa Antonietta Romano – io vaccinerei prima loro”.
La nostra chiacchierata si conclude con un desiderio per il futuro. “La prima cosa che farò dopo questo incubo? Io non vedo l’ora di tornare a ballare”, dice la vulcanica oss che è appassionata di balli caraibici. “Io vorrei fare quello che non ho fatto quest’anno: prenderò la mia bicicletta e andrò sulle Dolomiti che mi sono mancate. Con la patente di immunità sembra che potremo tornare a viaggiare”, spiega la sua collega infermiera. “Oppure a maggio, se sarà possibile, vorrei andare sull’Etna con la mia bicicletta”.
L’augurio della normalità e delle piccole cose della vita che un virus ci ha tolto improvvisamente quando, undici mesi fa, abbiamo scoperto la sua esistenza.
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