Sulla strada

Equipaggi di terra: voci e storie dalla mensa solidale di Termoli – REPORTAGE

* di Gruppo Comunicazione Caritas

Ci sono equipaggi fatti di persone che volontariamente si organizzano per soccorrere altre persone in fuga da guerre e persecuzioni nel mar Mediterraneo. Sono equipaggi di gente animata da tanta buona volontà e da un profondo senso di giustizia, che si impegnano per mettere in pratica la legge del mare e i principi costituzionali salvando vite umane. Gli equipaggi delle navi della solidarietà devono affrontare le ingiurie di molti cattivisti e le rigide norme previste dai governi che vorrebbero bloccarle, quelle persone in fuga e in pericolo. Ma nessuno si salva da solo, ed ogni vita umana conta – dicono gli operatori e gli attivisti umanitari dediti alla pratica del soccorso in mare.

Non solo in mare ci sono gli equipaggi della solidarietà. Tantissimi sono gli operatori, gli attivisti e i volontari che ogni giorno sulla terraferma mettono in atto azioni basate sulla cura dell’altro, organizzano interventi per fare in modo di rimuovere gli ostacoli che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini.

A Termoli, ad esempio, da circa quattro anni un gruppo di volontarie e volontari incontra quasi ogni sera le persone senza dimora (e non soltanto) presenti in città offrendo loro un pasto caldo. Ma non di solo cibo si tratta: “quando abbiamo cominciato una manciata di anni fa – racconta Gaia, attivista de La Città Invisibile/Termoli – andavamo alla stazione senza portare neppure nulla da mangiare, solo per parlare ed ascoltare le persone che dormivano lì: nel corso del tempo ci siamo organizzati meglio, inizialmente il nostro gruppo si occupava di portare tre pasti a settimana serali. Poi, gradualmente, si sono aggiunti altri gruppi, ma l’intento iniziale è rimasto sempre lo stesso: offrire un pasto caldo è certo importante, ma ciò che più conta è che attraverso quel gesto noi riusciamo a restare in contatto con le persone, ad incontrarne di nuove che rischierebbero per un motivo o per l’altro di restare fuori dalla rete dei servizi organizzati in loro favore”.

Dietro ogni bene materiale, insomma, risiede la vera ricchezza immateriale dell’incontro con l’altro: attraverso la presenza e il contatto, le volontarie e i volontari creano legami di fiducia e di rispetto reciproci, affrontano e mediano gli eventuali conflitti, costruiscono lentamente un percorso di condivisione con chi è rimasto escluso. Ce lo conferma Michele, fino a pochi giorni fa uno dei beneficiari di questo servizio: Sono un senza tetto. I volontari mi hanno dato una grande mano ad andare avanti. Sono contento della loro presenza perché mi hanno fatto sentire la loro vicinanza, e non mi sono sentito solo. Ogni volta che avevo modo di confrontarmi con uno di loro, mi sentivo a mio agio e meglio con me stesso. Aver conosciuto la Città invisibile è stato per me un mio punto di riferimento e grazie a loro oggi sono riuscito ad entrare in comunità per guarire, fisicamente e psicologicamente, e ad uscire dalle sostanze e spero che avrò la forza di uscirne completamente e riprendermi la mia vita in mano”.

Non è solo chi riceve il pasto a beneficiare dell’aiuto, ma anche chi lo dona, come accade ogni volta che la relazione di aiuto è costruita su un piano di reciprocità, di non giudizio e di ascolto empatico della storia dell’altro: “Non la vivo come una esperienza molto impegnativa perché potermi sentire utile fa bene innanzitutto a me stessa, mi dona gioia e di conseguenza è un gesto che non percepisco come un impegno ma come un piacere. Il piacere di sentirmi utile e di tradurlo in atti concreti. Sono io a ringraziare i nostri amici che, con il loro semplice grazie, mi riempiono il cuore. La vita è imprevedibile. Fai ciò che vuoi ti venga fatto”- dice Daniela, una delle volontarie del gruppo degli Apostoli della Carità che si occupano di servire le cene il giovedì sera.

city angels volontari mensa poveri

Il servizio negli anni non si è mai fermato, anzi: nel corso del tempo si è arricchito di nuovi gruppi e di nuovi volontari. Durante il primo lockdown la distribuzione avveniva presso i locali della palestra della Schweitzer, dove era stato allestito il dormitorio; poi, durante il periodo estivo, il servizio si è spostato presso i locali della parrocchia di Sant’Antonio (ora le volontarie di Sant’Antonio distribuiscono le cene il martedì sera) e successivamente presso il cortile dell’Istituto Gesù e Maria, dove risiedeva la mensa della Caritas. Attualmente, e da poche settimane, i gruppi servono le cene presso la nuova sede della mensa della Caritas diocesana, in piazza Martiri delle foibe (affianco all’edificio che ospita l’assessorato alle politiche sociali del Comune di Termoli). I pasti vengono distribuiti tutte le sere dal lunedì al venerdì, intorno alle 19. Il sabato e la domenica le suore della carità offrono alle persone che si rivolgono a loro un pasto in più anche per la sera.

volontari dormitorio palestra schweitzer

Il servizio che le volontarie e i volontari offrono una volta a settimana facendo i turni tra loro è molto importante. Le ore settimanali che decidono di dedicare a chi è più in difficoltà vanno ad integrare il lavoro che noi suore svolgiamo 365 giorni all’anno, senza interruzioni di sorta. La nostra è una scelta di vita per i poveri: e i bisogni dei poveri non vanno in quarantena, non spariscono nel fine settimana, ti sollecitano ad un servizio che necessita di presenza costante, a volte h24. Noi suore ci siamo sempre, a disposizione innanzitutto dei poveri e anche delle persone che scelgono di spendere una parte della loro giornata per chi ha più bisogno. È per questo che abbiamo deciso di ospitare ed accogliere molto piacevolmente il servizio volontario della mensa serale”- ci dice suor Lidia Gatti, direttrice della Caritas diocesana di Termoli-Larino, che oltre ad ospitare la mensa serale da qualche settimana garantisce un pasto caldo a pranzo tutti i giorni dell’anno a circa 25-30 persone, oltre al servizio docce, lavanderia e al centro di ascolto diocesano.

Riecheggia, nella testimonianza di suor Lidia, l’opzione preferenziale per i poveri di cui parla papa Francesco: “Si tratta di non vivere in maniera ipocrita, ma di essere disposti a pagare il prezzo di scelte coerenti col Vangelo. È buono dirsi cristiani, ma occorre soprattutto essere cristiani nelle situazioni concrete, testimoniando il Vangelo che è essenzialmente amore per Dio e per i fratelli”. Alcune volontarie sono motivate proprio da un forte senso di fede, come ci dice ad esempio Sonia: “questa esperienza per me è molto significativa perché sto vivendo insieme alle mie amiche un cammino di preghiera e di fede che ci porta sicuramente a vivere ogni gesto di Misericordia che ognuno di noi fa”.

Al momento, a causa delle restrizioni vigenti, il servizio viene svolto esclusivamente all’aperto; ogni gruppo si occupa di cucinare a casa e a spese proprie e la distribuzione dei pasti avviene consegnando gli stessi già imbustati, nel rispetto delle norme anti-covid. Solo durante il periodo estivo, per circa un mese nei locali della parrocchia di Sant’Antonio, si è fatto il tentativo di mangiare seduti insieme intorno ai tavoli: “in una casa, in famiglia, il momento del pasto, la tavola, è un luogo di incontro e ritrovo dei membri della famiglia, un luogo di comunicazione dove ci si racconta la giornata e quindi un tempo e un luogo da dove possono nascere soluzioni ad un problema. Seguo e partecipo alla mensa solidale perché voglio partecipare alla riduzione delle disuguaglianze.” A parlare è Sonia, una delle volontarie storiche del servizio mensa, che opera anche per diversi giorni a settimana nel centro diurno di piazza Olimpia, divenuto ormai un punto di riferimento cittadino per molte persone senza dimora. “Certo quella dimensione di relazione, di comunità, di incontro con le attuali restrizioni è più difficile da creare, ma speriamo di poterne uscire presto e poter così tornare a cenare insieme seduti intorno a un tavolo”.

È quello che è sempre mancato la sera, sin da quando le cene venivano distribuite nell’atrio della Stazione Centrale di Termoli. Ancora adesso, peraltro, i volontari integrano alla distribuzione dei pasti presso il cortile della mensa Caritas un servizio di unità di strada, una sorta di servizio “a domicilio”: se infatti avanzano dei pasti presso il cortile, ci si mette in macchina e si raggiungono le persone direttamente nei luoghi della città in cui si preparano a passare la notte.

city angels volontari

Di media vengono distribuiti ogni sera 15 pasti, ma si prevede che la richiesta possa aumentare ora che il servizio va strutturandosi. È un servizio che nasce completamente dal basso, dalla strada, questo della mensa serale: ritornare a calpestare i marciapiedi dove vivono e soffrono le persone che poi si rivolgono ai servizi è fondamentale, perché permette di accorciare le distanze: Siamo volontari di strada d’emergenza e sulla strada raccogliamo storie di vita, paure, sofferenze, violenze, fame e solitudine. La vita è  fatta di momenti… e di questi momenti noi City Angels ne abbiamo  fatto una missione. Al solo pensiero di riuscire a lenire anche solo uno di questi disagi è già immensa gioia per i nostri  cuori. Il Natale è  fatto di gesti che scaldano l’anima… con l’auspicio che si trovino sempre meno persone da  aiutare e sempre più volontari disposti a portare loro aiuto con il cuore”- è quanto ci dice Antonella, la referente del gruppo dei City Angels di Campomarino che si occupa di coprire il turno del mercoledì sera.

È proprio grazie a questa presenza costante sulla strada (e al conseguente orientamento ai vari servizi del territorio) che alcune persone, nel corso del tempo, hanno avuto modo di uscire dalla stessa, entrando ad esempio alla Comunità Il Noce, che si occupa di supportare persone che attraversano periodi della loro vita di dipendenza da alcool e/o sostanze. Ora cucinano e aiutano loro stessi le persone con le quali fino a qualche tempo prima condividevano la vita di strada.

C’è Giuseppe, ad esempio: “la mia esperienza è stata sicuramente molto significativa ed in qualche modo più particolare rispetto ad altri perché sino a qualche tempo fa ero ricevente di questo servizio. Ho vissuto a Termoli per circa dieci mesi senza avere una fissa dimora e posso assicurare che ricevere un pasto caldo alla sera rappresentava non solo un sostentamento alimentare, ma anche la possibilità di sentirsi per qualche minuto non più abbandonato e dimenticato. Ricevere attenzione da parte di qualcuno quando si attraversano momenti difficili di emarginazione e degrado, diventa un momento importante nella giornata di un senza tetto!! Senza dubbio, poi, a stomaco pieno si riflette meglio e magari si ha la possibilità di raccogliere le forze per cercare almeno di modificare la propria condizione disagiata. Personalmente ho sempre apprezzato molto il servizio, ed adesso, che sono tra virgolette “dall’altra parte”, mi sento orgoglioso di me stesso per aver cambiato la mia vita e al tempo stesso per avere la possibilità di ricambiare l’umanità che ho ricevuto. Mi auguro di poter continuare a cucinare per chi si ritrova in una situazione meno agiata della mia perché è utile agli altri e di conseguenza anche a me.”

Oppure Salvatore: “Sono un volontario: è una bellissima esperienza aiutare le persone senza tetto. Mi appaga personalmente e mi fa stare bene vedere un sorriso negli sguardi tristi e dare conforto, vicinanza e speranza di tirare avanti giorno dopo giorno. Voglio continuare insieme ad altri volontari a dare il mio contributo!”. Roberto, anche lui passato dalla strada alla Comunità, quando gli chiediamo cosa lo spinge a fare questa esperienza molto impegnativa di volontariato, ci risponde: “più che un’esperienza impegnativa, io penso che sia un gesto lodevole e altruista, anche se molte persone lo fanno per appagare gli altri ed i propri bisogni personali, ma anche ciò va bene lo stesso. D’altro canto, essendo io stesso un senza tetto, che per un lasso di tempo ho avuto la fortuna di essere ospitato in una comunità (quindi con un tetto, un pasto caldo ed un letto in cui riposare) non sarei sicuramente obiettivo nel rispondere a questa domanda, però posso esprimere la mia gratitudine a tutti coloro che spendono per noi anche un solo minuto del loro tempo, il che non ci fa sentire mai soli ed abbandonati a noi stessi. Quindi non posso che augurarmi che persone così continuino ad esistere, nonostante il mondo e la società che si sta creando, basata su potere, denaro, egoismo, avidità, etc. Grazie! La vostra presenza dona in noi speranza, e se noi esistiamo, è perché voi ci siete.”

Mirko sottolinea l’importanza della relazione che si crea quando ci si incontra a cena: “Mi è piaciuto poter essere utile per aiutare delle persone che si trovano in difficoltà, vivere da vicino la loro situazione e far sentire loro che non sono soli e che ci sono persone pronte per aiutarle non solo con un pasto caldo, ma soprattutto ascoltando le loro storie e facendoli sentire vicini a noi.” Nell’alternarsi tra loro, sono circa 20 le volontarie e i volontari che portano avanti il servizio, ora con l’aiuto delle suore della carità: si tratta di una grande ricchezza sociale, che la nostra cittadina ha dimostrato di essere capace di esprimere sempre più negli ultimi anni e che andrebbe supportata, valorizzata, aiutata a crescere e a strutturarsi, ad allargarsi ulteriormente.

Molte persone, dinanzi alle ingiustizie che ogni giorno vedono moltiplicarsi sotto i loro occhi, non vogliono più restare con le braccia conserte. Semplicemente, si coordinano con altre e si sporcano le mani in prima persona: “al solo pensiero che una persona non possa pranzare o cenare perché vive una situazione di emergenza, il mio cuore non rimane indifferente a tutto questo, ed ecco la mia disponibilità” dice Denise. È stato proprio durante il periodo del primo lockdown dovuto alla pandemia, in questo che è uno dei periodi più terribili e spaventosi della nostra storia, che in molti hanno deciso di attivarsi in prima persona e di offrire, ognuno a modo proprio, supporto e aiuto a chi è più in difficoltà.

Tra loro Batoul, George, Mina, Tagreed: sono ospiti del progetto di accoglienza e integrazione dei richiedenti asilo e rifugiati del Comune di Termoli, gestito dalla Caritas diocesana. Hanno loro stessi storie difficili alle spalle, vengono dall’altra parte del Mediterraneo. Batoul e Tagreed sono palestinesi e sono nate e cresciute in Libia; George e Mina sono due fratelli egiziani. Ognuno di loro è stato costretto a lasciare il proprio paese di origine; hanno trovato accoglienza in Italia, a Termoli.

Quando, confrontandosi con gli operatori della Caritas, sono venuti a sapere del servizio della mensa per le persone senza dimora, non ci hanno pensato un attimo a mettersi a disposizione. “Abbiamo imparato fin da piccoli in chiesa ad aiutare i più bisognosi, a condividere tutto, anche i pochi soldi che avevamo”- ci dicono George e Mina sforzandosi di parlare nella lingua del paese che li sta ospitando. Perché hai scelto di cucinare e portare i pasti alle persone che vivono in strada? Batoul, 26 anni, palestinese, ci risponde così: “per me è una questione di amore, umanità, morale e sentimenti per gli altri, compassione per loro; voglio dare il mio sostegno e il mio contributo per aiutarli e sostenerli in tutte le loro sofferenze.” Già, è proprio così.

Che si tratti di una sponda o dell’altra del mar Mediterraneo, quel mare che dovrebbe unire e che è drammaticamente diventato un cimitero a cielo aperto; che si tratti di equipaggi di mare o di terra, la compassione per l’altro, l’umanità, la solidarietà non hanno confini. Dagli attivisti umanitari in missione sulla barche della solidarietà fino alle operatrici e agli operatori di strada il nocciolo della questione è sempre lo stesso, nonostante tutto: nessuno si salva da solo! Ogni vita umana conta!

 

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