Campobasso

La scuola ai tempi del Covid è senza sorrisi e piena di paura. “Scriverò a Conte, così non sono più felice”

Iniziano i primi bilanci ad un mese dall'apertura dell’anno scolastico con gli incontri tra genitori e docenti. Le famiglie sono perplesse, i ragazzi insoddisfatti. Consapevoli dei rischi causati dalla diffusione del contagio vivono però le ore di didattica con ansia e preoccupazione

Vorrei scrivere una lettera al presidente Conte perché io a scuola non sono più felice. Lo so che bisogna stare attenti ma quando entro in classe ho paura di fare qualunque cosa.

Indossiamo la mascherine per tutte le ore. Durante la ricreazione dobbiamo rimanere seduti ai nostri posti per cinque minuti, ci sono alcune materie che ancora non hanno il professore che ci accompagnerà per tutto l’anno scolastico e anche l’ora di educazione fisica è diventata soltanto teorica. Vivo con l’ossessione di dover disinfettare sempre il mio banco e con l’igienizzante sempre a portata di mano perché ho paura di prendere il virus. Possiamo andare in bagno soltanto nella mezz’ora prestabilita e senza mai incontrare il compagno. Questa scuola non mi piace”.

E’ il messaggio di Pio, alunno di una terza media di Campobasso, che racconta il malcontento che vivono anche i ragazzi più grandi in una scuola che con il Covid pare aver cambiato tutti i connotati. Luogo di socialità, ormai è diventato posto individuale dove non si può andare al di là dello sguardo. Luogo di cultura, si ritrova a tutt’oggi con una classe docente non rinnovata, alle prese con un’atavica precarietà resa ancora più preoccupante dall’emergenza covid, personale insufficiente e risorse probabilmente inadeguate.

Non lo dicono tanto i docenti, quanto i protagonisti principali: gli studenti. Quelli che non sono troppo piccoli come gli alunni della primaria né troppo grandi come quelli del liceo. Sono i preadolescenti che pure vogliono dire la loro sul disagio, costretti a vivere in questi sistema che “ammala l’entusiasmo” e spinge verso la paura. Pensano di dirlo in una lettera al presidente del consiglio dei Ministri, oppure al Ministro della Pubblica istruzione. O anche al presidente della Regione. “Però ci piacerebbe che qualcuno ascoltasse anche la nostra voce”. Che vivono con ansia questo momento lo percepisci dagli occhi che inevitabilmente spiccano con le mascherine indossate. Che sono angosciati e disincentivati lo capisci dalle porte sbattute quando rientrano a casa, dagli zaini che prendono il volo e dai musi lunghi a causa dell’insoddisfazione.

Non è colpa di nessuno, ovvio. Le regole vanno rispettate, questo lo sanno. Ma è vero anche che la scuola chiamate ad infiammare le menti dei giovani oggi invece sembra turbarli a causa del Covid e della paura.

La confusione organizzativa che si era percepita prima ancora che l’anno scolastico partisse è rimasta. Strutturalmente, almeno in Molise, le classi non hanno patito il problema del sovraffollamento ma anche qui ai vecchi problemi, che il mondo dell’istruzione si trascina a prescindere, oggi se ne sono aggiunti dei nuovi che stanno facendo scemare l’amore – in adolescenza già non sempre a picco – per quella scuola chiamata a formare menti liberi e consapevoli.

E invece oggi le menti le turba a causa del covid e della paura. E se così non piace non è colpa di nessuno, ovvio. Ma i più giovani, quelli che da qui a qualche mese saranno adolescenti in pieno combattimento con se stessi e con il mondo, hanno anche loro il diritto di ricordare ai più grandi che la scuola, così, “non piace”.

commenta