C’è gente in fila ogni mattina davanti al servizio di Ingegneria clinica dell’ospedale Cardarelli di Campobasso. Bambini, anche molto piccoli, e ragazzi. Sono lì tutti i giorni in attesa del tampone.
Da quando la scuola è ricominciata a doversi sottoporre al test capace di scovare il virus Sars Cov-2, responsabile della Covid 19, sono soprattutto loro. Segnalati dalla scuola, dalle famiglie o dal pediatra, i più piccini hanno dovuto, loro malgrado, prendere confidenza con questo laboratorio situato al piano terra del Cardarelli e a due passi dall’obitorio.
Davanti alla porta d’ingresso c’è un banchetto pieno di provette e prenotazioni con due operatori sanitari bardati come astronauti che prelevano campioni di muco e saliva dai bimbi con un maxi cotton fioc infilato in gola e nel naso. Chiamano in base all’orario di prenotazione che ha assegnato l’Asrem, generalmente dopo tre o quattro giorni dalla segnalazione del medico di base. C’è da aspettare un po’ – un’oretta più o meno – ma nulla in confronto alle attese interminabili di Roma o Milano. Il test lo fanno lì, davanti a tutti, su due sedie messe una a destra e l’altra a sinistra del tavolino. Nessuna sala di attesa per bambini e genitori: si resta in piedi sotto i pini dell’ospedale, anche al freddo e sotto la pioggia. Non è previsto il prelievo restando seduti nella propria autovettura, come vediamo fare da mesi in tv. E neppure il prelievo domiciliare che la Regione e l’Asrem vorrebbero potenziare attraverso le Usca.
Qualche bambino piange, ma dura un attimo e non è doloroso. Se scende una lacrima è più per aver solleticato troppo a fondo la narice.
Non c’è separazione dei percorsi diagnostici tra i contatti di positivo alla Covid 19 e i bambini con sintomi para-influenzali: si attende tutti assieme, in assembramento e mentre si sta lì si discute e ci si confronta sulla reale necessità del tampone prescritto. I pediatri, ormai è noto, devono attenersi alle linee guida nazionali e far fare tamponi ogni volta che c’è un minimo sintomo sospetto. L’attuazione della circolare del Ministero della Salute del 24 settembre scorso (“Riaperture delle scuole. Attestati di guarigione da COVID-19 o da patologia diversa da COVID-19 per alunni/personale scolastico con sospetta infezione da SARS-CoV-2”) e l’intesa del 28 agosto (“Indicazioni operative per la gestione dei casi e focolai di SARS-CoV-2 nelle scuole e nei servizi educativi dell’infanzia”) lasciano poco spazio ai dubbi: tampone sempre per i bambini con sintomatologia sospetta.
Ma le famiglie stanno pagando a caro prezzo questa scelta e contestano le procedure perché tante volte i ragazzi starnutiscono in classe durante una lezione e magari è solo allergia alla polvere.
In quell’attesa – disagevole ma non eccessiva nei suoi tempi considerando l’elevato numero di tamponi processati ogni giorno – davanti all’Ingegneria clinica non si parla d’altro. Ci sono genitori che si mettono in isolamento domiciliare volontario anche se non sono obbligati “perché quando un bambino deve restare a casa non può certo stare da solo. E l’alternativa quale sarebbe, portarlo dai nonni?” racconta chi è in coda.
Fratelli e sorelle del potenziale paziente Covid seguono, molto spesso, la stessa sorte perdendo anche loro giorni di scuola. La didattica a distanza di cui la ministra Lucia Azzolina ha parlato per un’intera estate non è ancora realtà in tutti gli istituti. “Mia figlia frequenta le superiori, ha chiesto di poter seguire le lezioni da casa e l’ha ottenuto, l’altra va alle elementari e almeno per ora non se ne parla quindi sta facendo assenze che potrebbero pesare sul suo rendimento” dice un’altra mamma in fila.
Il certificato per il rientro è l’altro grande problema: “Nella scuola di mio figlio lo vogliono anche dopo un solo giorno di assenza a meno che non sia mancato per problemi familiari”. Ogni dirigenza scolastica si è regolata a modo suo.
Una volta fatto il tampone bisogna aspettare che il pediatra richiami le famiglie per comunicare l’esito (che arriva a lui): solitamente passano 24 ore e nella stragrande maggioranza dei casi il risultato sarà negativo. Solo allora il medico – che in genere non ha visitato il bambino – rilascerà il certificato per il rientro in sicurezza a scuola. Ma fino ad allora c’è sempre un po’ d’ansia, comprensibile, anche se non c’è stato un contatto a rischio, anche se il bambino ha banalissimi sintomi para influenzali che al momento del tampone sono già passati.
L’autunno è appena cominciato e l’anno scolastico, dopo sette mesi di vacanze forzate, pure. Individuare una corsia preferenziale per gli studenti e i bambini degli asili nido e delle scuole materne dovrebbe essere la priorità in questo momento. Per tutti.
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