Pugno di ferro in tribunale

Voleva conquistare Campobasso con lo spaccio di coca e le rapine. Il 25enne si pente, ma non convince il giudice: pena quasi da ergastolo

Michele Di Bartolomeo, alias il writer 'Pensa' che ha riempito di scarabocchi la città di Campobasso, si è pentito in aula ma non ha convinto il giudice. La Pubblica accusa aveva chiesto un terzo della pena poi comminata a carico del 25 enne ma l'autorità giudiziaria ha applicato un giudizio per ogni delitto. E la somma dei tredici capi d'imputazione per cui è stato inquisito ha suggellato un verdetto quasi da 'ergastolo'. Il egale Silvio Tolesino attende le motivazioni ma "al di là di queste, impugnerò immediatamente il dispositivo"

Prima che il giudice Veronica D’Agnone emettesse la sentenza ha chiesto di poter parlare in aula. Michele Di Bartolomeo – detto “Pensa” e in carcere dall’8 marzo 2019 per rapine, estorsioni, spaccio, violenza, minacce, porto abusivo d’armi – ha provato il tutto per tutto fino alla fine.

Forse pentito, forse consapevole che la faccenda a suo carico si era messa male perché il fascicolo a disposizione dei giudici era tanto e tale che non sarebbe riuscito a cavarsela con poco, ha chiesto di deporre. “Dichiarazioni spontanee”, si chiamano in gergo: il suo racconto personale rispetto ai fatti che gli sono stati contestati. Lui ha ammesso e confessato il pentimento. Auspicando, forse, di ottenere la clemenza del giudice.

E ha deposto, sotto gli occhi contrariati dell’avvocato Silvio Tolesino, che alla questione giudiziaria ha collaborato con il legale pugliese scelto dal 25enne, dissentendo sin da subito dalle strategie adottate tanto da farle presenti anche in aula.

“Io ero favorevole al rito ordinario. Con un processo avremmo potuto smontare una serie di cose e dimostrarne delle altre – ha detto–. E’ ovvio che impugnerò la sentenza”. Taglia corto e si avvia veloce verso l’uscita dal Tribunale, subito dopo il verdetto.

Michele di Bartolomeo è incredulo: è stato appena condannato a quasi 24 anni di detenzione e a nulla è valsa la sua deposizione. Lo sguardo dubbioso è l’ultimo che rivolge al suo legale che però è Silvio Tolesino, quasi a dirgli: “avrei fatto bene a darti retta”. Perché la sua deposizione rispetto ai fatti non ha sortito alcun effetto.

Il Pm Giuliano Schioppi, chiede 8 anni e 8 mesi. E sono già tanti. Poco meno della condanna poi inflittagli chiede anche per Andrea Masella, che di “Pensa” è complice nelle rapine e che in aula è stato difeso dagli avvocati Giuseppe Fazio e Letizia di Lena.

Il giudice Veronica D’Agnone, invece, applica il concorso materiale dei reati. Quindi elenca uno per uno i 13 capi d’imputazione a carico di Di Bartolomeo e per ognuno commina una pena. Idem fa per Maselli.

Quindi, tirando le somme delle pene comminate per ogni delitto, l’imbrattatore è chiamato a scontare 23 anni e 9 mesi di carcere, il suo complice invece due anni e otto mesi per la rapina e tre anni per lo spaccio. Totale per quest’ultimo: cinque anni e otto mesi.

Di Bartolomeo è stordito. Tolesino è contrariato rispetto alla strategia difensiva adottata che ha portato al verdetto. Oltremodo soddisfatta la pubblica accusa che aveva chiesto una reclusione pari a meno della metà della pena poi applicata.

Una sentenza di cui si aspetta di conoscere le motivazioni ma rispetto alla quale gli avvocati hanno già annunciato ricorso in appello.

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