Lo ‘schiaffo’ viene assestato sul volto della maggioranza in videoconferenza, mentre è in riunione il Consiglio regionale. E brucia tanto soprattutto sulla faccia di chi, nemmeno 24 ore prima, aveva lanciato un ultimatum al presidente Donato Toma. “Il quinto assessore non può essere un esterno, anche il resto della maggioranza merita attenzioni e coinvolgimento”: il messaggio lanciato dal presidente del Consiglio regionale Salvatore Micone, dalle consigliere dissidenti Aida Romagnuolo e Filomena Calenda e infine da Andrea Di Lucente, Gianluca Cefaratti e Armandino D’Egidio.
Poi la beffa. Il governatore sale a bordo del suo carro armato e asfalta il documento firmato dai sei esponenti della sua maggioranza: nel pomeriggio del 9 giugno nomina l’avvocato termolese Michele Marone come quinto assessore in quota Lega. Un componente esterno all’esecutivo perché colui che fino a stamattina era conosciuto alla politica molisana come presidente del Consiglio comunale di Termoli non si è nemmeno candidato alle Regionali del 2018. Si occuperà di Lavoro e Politiche sociali, ossia le deleghe del suo precedessore Luigi Mazzuto.
L’improvvisa designazione, l’ultimatum lanciato poche ore prima e praticamente ignorato, manda in tilt il centrodestra. “Ma come?”, commenta qualcuno sorpreso, incredulo anche perché la comunicazione sulla nomina di Marone viene diffusa prima sulle chat delle persone più vicine al presidente Toma. Poi trapela e viene pubblicata dagli organi di informazione.
Infine ‘piomba’ in Consiglio regionale. “Presidente, non ci deve dire niente?”, chiedono Micaela Fanelli e Andrea Greco, capigruppo del Pd e del Movimento 5 Stelle. “Fra poco farò le comunicazioni ufficiali”, risponde il capo della Giunta regionale.
Prima del patatrac i malumori sono stati visibili in Aula. E la maggioranza di Toma ha perso pure i numeri al momento del voto su una mozione del Movimento 5 Stelle su “Finmolise S.p.A. – Gestione dei fondi pubblici su incarico della Regione Molise. Ricognizione procedure sulle singole misure e riprogrammazione delle risorse disponibili”. Il provvedimento consente di “fornire maggiore liquidità alle imprese e alle famiglie in difficoltà”, sottolinea Valerio Fontana. Infatti la mozione, firmata insieme ai colleghi Greco e Primiani, impegna la Giunta ad un’attenta ricognizione su tutti i fondi ‘dormienti’, ma soprattutto impegna Toma ad attivare misure di garanzia destinate ad imprese e famiglie che non possono accedere ai finanziamenti, perché non dispongono di capacità di garanzia reale e non possono ricorrere al credito bancario ordinario”.
A favore della mozione votano i tre dissidenti ‘storici’ Iorio, Calenda e Romagnuolo, oltre che ovviamente i pentastellati e il Pd. “Anche parte della maggioranza ha infatti preferito schierarsi apertamente contro Toma – commenta il consigliere del Movimento 5 Stelle – e a favore di una misura giusta e concreta che finalmente libera milioni di euro a favore dell’economia molisana. È la prova che la maggioranza non esiste nonostante i sorridenti sforzi del governatore. Toma politicamente ha perso anche oggi, sconfitto dai temi, dalle proposte, dal buonsenso. Tutti concetti, ormai, a lui sconosciuti”.
Discorso simile per la mozione, a firma dei consiglieri Fanelli, Facciolla, Manzo, Calenda, Romagnuolo Aida, Fontana, Iorio, Primiani, Nola, Greco, ad oggetto “FCA Auto – stabilimento di Termoli – potenziamento e riconversione delle attività del gruppo FCA al fine di garantire il rilancio occupazionale a seguito della fusione FCA-PSA”. La maggioranza vota con le opposizioni. Il ‘pasticcio’ è completo.
In Consiglio regionale dunque si consuma la presa di distanza tra la coalizione di centrodestra e il governatore. Dal palazzo si vocifera che due assessori – Vincenzo Cotugno e Vincenzo Niro – potrebbero mollare Toma e schierarsi col centrosinistra in caso di nuove elezioni. Insomma la crisi sembra sempre più irreversibile e probabilmente lunedì prossimo 15 giugno, in occasione del monotematico sulla sanità, sarà il giorno della verità. E prima di quella data c’è il ricorso di due dei consiglieri mandati a casa dall’abolizione della surroga. Massimiliano Scarabeo e Antonio Tedeschi giocano le loro carte al Tar che domani 10 giugno avvia la discussione sul ricorso. Nel caso di vittoria dei due, per il presidente della Giunta si metterebbe davvero male. Tuttavia, se la crisi non rientra, Toma non avrà i numeri per andare avanti.