Ecologisti 2019/2

La speleologa che esplora ghiacciai e grotte: “L’uomo rischia di compromettere la vita sulla Terra”

Daniela Barbieri, 35enne speleologa ed esploratrice di Campobasso, ha già partecipato a diverse spedizioni tra Groenlandia, Venezuela e Amazzonia: "Riduciamo l'impatto sull'ambiente. L'uomo così mette a rischio la sua stessa vita"

Non fatevi ingannare dagli occhi dolci e dal sorriso gentile. Daniela Barbieri, 35enne speleologa ed esploratrice di Campobasso, è una tosta. Una ragazza che scende giù nei ghiacciai del Polo nord o nel ‘ventre’ dell’Amazzonia, per trovare tracce di com’era la Terra 100 milioni di anni fa, all’epoca dei dinosauri. Vengono definiti ambienti estremi: “In Amazzonia abbiamo esplorato una grotta con un temperatura di 47 gradi e il 100% di umidità”.

Tutto è cominciato in Molise: il viaggio al centro della Terra è iniziato quando era appena ventenne nelle grotte del Matese. Poi questa passione si è trasformata in qualcosa di più. “La curiosità – racconta a Primonumero – mi ha portato ad esplorare e conoscere le grotte in varie regioni italiane, poi ho iniziato a prendere parte a spedizioni in Venezuela fino alla Groenlandia. Questo è diventato un lavoro: nel tempo ci siamo specializzati nel lavoro logistico per le troupe che girano documentari in grotte fino a dare supporto tecnico-logistico agli astronauti. L’ultimo si è svolto in Slovenia”.

Un’opera preziosa nelle ‘viscere’ della Terra per comprendere ancora di più la storia e la natura del nostro stesso pianeta. “Dal punto di vista microbiologico, essendo questo mondo tutto da scoprire, ci può dare ancora tantissime informazioni. Per questo negli ultimi anni ci si sta concentrando su cosa c’è nelle profondità”, dice ancora Daniela Barbieri.

Guai a pensare che spedizioni di questo tipo siano una ‘passeggiata’ anche dal punto di vista delle esigenze fisiologiche quotidiane: gli esploratori  utilizzano sapone e dentifricio biodegrabile. E poi “per non alterare l’ambiente circostante mettiamo perfino l’urina in un sacchetto. Questi luoghi che sono importantissimi per la nostra vita“, riferisce durante uno dei due convegni che si sono svolti a Campobasso. Con lei c’era Francesco Sauro, speleologo e docente di speleologia all’Università di Bologna, inserito dal Time tra i ’10 next generation leaders‘. Nel 2013 Sauro ha scoperto le grotte di Imawarì Yeuta, sotto l’altopiano di Auyán–tepuí, in Venezuela, considerato il più antico sistema di grotte esplorabili del pianeta.

Con lui la giovane speleologa che ha iniziato con l’Associazione Speleologi molisani, ha già partecipato a spedizioni durissime: Venezuela e Groenlandia. Queste alcune tappe di quelli che definire viaggi suona troppo riduttivo. Non solo per la fatica a scendere tra pareti di ghiaccio per raggiungere la calotta glaciale e prelevare dei campioni che poi vengono studiati.

“Siamo scesi sotto la calotta glaciale, nel ventre del ghiacciaio e abbiamo trovato pozze d’acqua e batteri finora sconosciuti, in grado di resistere al freddo estremo”, le sue parole. Poi l’allarme sul clima: “Se c’è acqua sotto la calotta, è preoccupante. Se la Groenlandia, la seconda più grande distesa di ghiaccio dopo l’Antartide, continuasse a sciogliersi, a causa dell’innalzamento del mare verrebbero sommerse città come Bangkok e Venezia”.

Dunque, questo viaggio al centro della Terra diventa una sorta di ‘proiezione’ verso il futuro. Spesso conferma il cambiamento climatico in atto, di cui lo scioglimento dei ghiacciai è solo un sintomo.

Nell’anno che ci stiamo per lasciare alle spalle, il 2019, c’è stata una forte presa di coscienza della crisi climatica in atto: è stato l’anno di Greta Thunberg e della mobilitazione giovanile, dei Friday for Future e di una rinnovata lotta a difesa di un ambiente logorato, intossicato.

Cosa rischia l’uomo se non protegge l’ambiente in cui vive? “Rischia di compromettere anche la sua esistenza – sottolinea Daniela Barbieri – di avere scarso accesso alle risorse acquifere che sono fondamentali per la nostra vita e di non rispettare le generazioni future togliendo loro quello che noi abbiamo trovato. Quindi è fondamentale ridurre al massimo il nostro impatto sulla Terra: quando andiamo in spedizione, portiamo via tutto, anche i nostri rifiuti organici. Seguiamo protocolli ristrettissimi. Noi facciamo ricerca senza impattare troppo su questo ambiente così delicato che ci ospita”.

 

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