L'importanza della tradizione

“Una passione lunga 130 anni”: i segreti del presepe di Enzo de Santis

Come ogni anno la tradizione viene onorata: “Un amore per i presepi nato da bambino, quando ammiravo mio padre Francescopaolo che a sua volta ha appreso le tecniche migliori dal suo papà Felice”. A San Nicola di solito è già pronto, poi dal 16 la novena fino alla nascita di Gesù Bambino: “A mezzanotte si fa una preghiera che è un’invocazione letta su un libriccino risalente al 1953”. Presenti ‘pezzi’ costruiti dal nonno all’inizio del secolo scorso: “Sono in argilla, realizzati con la tecnica dell’essiccazione in forno”.

La passione, la tecnica, la tenace tradizione da portare avanti. Il presepe di Enzo de Santis, campobassano doc e postale in pensione, è un mix di amorevole cura, scelta certosina di ambientazioni, personaggi, simboli, ricerca della perfezione, se possibile. Una memoria presepistica lunga 130 anni in famiglia, tramandata di padre in figlio fino ai giorni nostri. Il capostipite il nonno Felice, un artigiano con la ‘A’ maiuscola.

 

Bisogna sapere, infatti, che nel presepe di Enzo, coadiuvato dalla moglie Giovanna, sono presenti dei pastorelli antichissimi, risalenti ai primi anni del 1900. E a plasmarli fu proprio il nonno, sopraffino falegname e artigiano scomparso troppo presto (nel 1924, ndr). I pastori sono in argilla e resistono allo scorrere del tempo. Come raccontava il papà di Enzo, Francescopaolo, la tecnica era quella dell’essiccazione in forno dopo averli plasmati. E poi la colorazione successiva. Uno scrigno di ricordi, aneddoti, emozioni, da aprire con delicatezza. Di cui il maggior ‘portatore sano’ è stato proprio Francescopaolo de Santis.

 

“Mio padre ha iniziato a fare il presepe negli anni trenta – spiega Enzo –. E l’ha continuato a fare ogni anno fino al 2000, per una settantina di anni quindi. E’ stato lui a insegnarmi i segreti per fare un bel presepe”. Qual è il segreto per realizzare un ottimo presepe? “Senz’altro la passione, la passione tramandata. Il presepe crea un’atmosfera particolare, porta con sé il vero spirito del Natale”. Come è nato dunque questo amore che resiste nel tempo? “Fin da bambino ho sempre visto realizzare il presepe da mio padre, quindi è nato man mano, col passare degli anni. Lui lo realizzava su un tavolino di legno molto grande, diversi elementi sono stati fatti da lui stesso. E proseguiva fin sull’armadio di una camera, quindi veniva molto ampio, diciamo che occupava mezza stanza”.

 

Occorre circa una settimana per mettere su l’intera struttura. Enzo ha iniziato a realizzarlo a fine novembre, a San Nicola era pronto: “La struttura più o meno è la stessa da una ventina di anni a questa parte, con qualche novità sempre presente. Tutto viene fatto secondo un ordine mentale ma poi l’istinto fa la differenza, come un discorso fatto a braccio. Man mano che si va avanti, partendo dai paesaggi dello sfondo, risalenti al dopoguerra, e la carta che rappresenta le montagne per finire con i dettagli riguardanti le posizioni dei personaggi e della Natività. Ho inserito quest’anno qualche grotta in più, c’è un ponticello realizzato con dei pezzi di tronco oltre a un laghetto di acqua vera. Il muschio è fresco, preso nelle campagne attorno a Campobasso”.

 

La Vigilia di Natale si fa sempre a casa de Santis… “Siamo a casa nostra non per capriccio ma per il rito della nascita. Mi piace condividere con i familiari la vigilia di Natale. A mezzanotte si fa una preghiera che è un’invocazione letta su un libriccino risalente al 1953. Nel rito della deposizione del bambinello nella grotta protagonista è il bambino più piccolo: a turno, presenta Gesù Bambino e lo fa baciare a tutti i presenti prima di deporlo”. Aggettivi per descriverlo? “Emozionante, sempre attuale”.

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