La morte pezzo a pezzo

Requiem per lo Zuccherificio del Molise: ecco com’è oggi la fabbrica vista da dentro

Un video esclusivo che mostra la fabbrica ormai smantellata pezzo a pezzo come è oggi: capannoni devastati, palazzine che sembrano abbandonate da decenni, finestre rotte e pareti piene di buche, spazi post industriali abitati da topi e piccioni. Lo smantellamento è iniziato un anno fa ed è ormai concluso: lo Zuccherificio, dove lavoravano oltre 200 persone, è il simbolo della morte di un territorio intero.

Addio, Zuccherificio. Il capannone centrale è uno spazio vuoto, frustato dal vento che s’insinua ghignando dalle finestre rotte, s’intrufola attraverso gli squarci nei mattoni aperti sui muri.

In pochi mesi la fabbrica considerata il fiore all’occhiello della produzione bassomolisana in un tempo non troppo lontano che alla memoria di questo posto risulta un secolo fa, si è trasformata in un luogo desolato.

Uno spazio di niente perfino inquietante, che potrebbe ispirare set per crime-story, con i piccioni che svolazzano sotto il tetto. Non è rimasto più nulla, se non l’eco delle linee produttive che risuona beffardo nel silenzio surreale.

Si sarebbe potuto trasformare in qualunque cosa, lo Zuccherificio del Molise. Meccanica pesante, polo logistico, centro scientifico, chimica green, laboratorio agricolo. Visitato da italiani, bergamaschi, cinesi, iraniani, che hanno rinunciato a qualunque idea di acquistarlo.

Alla fine è diventato un posto da saccheggiare il più in fretta possibile. Nel settembre del 2018 lo “smantellamento”, la distruzione pezzo a pezzo come sancito dal commissario liquidatore su ordine del Tribunale dopo infinite aste andate deserte.

Niente più barbabietola da scaricare e melassa da rimestare, niente più operai in fermento, niente ordini né commesse né confezioni di zucchero da inscatolare e spedire vicino e lontano. Solo ruspe, caterpillar, un cantiere aperto per dieci giorni durante i quali e senza tante cerimonie la fabbrica è stata depredata di tutto quello che aveva, fino a perdere interamente la sua storia. Pezzo a pezzo, appunto.

Dopo decenni di attese, fiducie tradite, aiuti pubblici a palate, dopo che la politica ha usato lo zuccherificio come riserva di voti cui attingere a ogni campagna elettorale, dopo le illusioni e la beffa, addio Zuccherificio. La discesa irreversibile è iniziata nel novembre del 2014, momento in cui l’azienda era controllata al 100 per cento dalla Regione Molise. La cassa integrazione, contagiosa come un virus senza antidoto. Nessuna ripresa, nessuna salvezza. Pezzo a pezzo anche le maestranze erano state ridotte e quindi eliminate a colpi di incentivi, pensionamenti, ammortizzatori, licenziamenti.

Addio Zuccherificio, quello che resta di te è una carcassa in bianco e nero, senza più un solo filo di rame da rubare, senza più una sola scintilla di vita da alimentare, fosse anche a colpi di false speranze. Resta una colpa enorme, come l’ombra minacciosa disegnata dal sole nel pomeriggio invernale, che illude che una sagoma di fabbrica sia una fabbrica, anche se non lo è più. Addio, Zuccherificio.  

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