Guglionesi

L’incontro, l’ascolto e la cura: le vibranti storie di Domenico Iannacone chiudono l’Aut Aut Festival

Emozioni allo stato puro per l'ultimo appuntamento dell'Aut Aut Festival che ha chiuso la sua quinta edizione con il giornalista molisano Domenico Iannacone, volto noto di RaiTre. Con le sue 'inchieste' dei programmi 'Che ci faccio qui' e de 'I dieci comandamenti' l'autore ha fornito uno spaccato, commovente e vibrante, delle periferie esistenziali che popolano la nostra Italia

Si è riavvolto il nastro ieri per l’Aut Aut Festival e per il suo ultimo, straordinario ospite: il giornalista Rai Domenico Iannacone, originario di Torella del Sannio e dunque tornato a riabbracciare la sua terra, lì dove ha iniziato a sognare il suo futuro. E, come nell’estate del 2018, il festival ha scelto lui per accomiatarsi dall’ormai fedele pubblico.

Un cerchio che si chiude per il fortunato progetto culturale e che miglior conclusione – probabilmente un arrivederci – per questa quinta edizione non poteva trovarla. Un autore molisano, orgoglio della sua terra, che fa del giornalismo una sorta di scrittura di versi: la ‘materia’ del suo poetare sono le periferie esistenziali, fatte di luoghi e persone che trasudano dolore ma da cui spesso – se li si osserva come Iannacone sa fare – affiora una vivida e traboccante umanità.

Un festival che ha preso le mosse ad agosto e che ha toccato sei comuni del Basso Molise, portando nei loro ‘scrigni’ di bellezza (piazze, palazzi storici e teatri) autori come Luca Bottura, Ettore Maria Colombo, Federico Rampini, Ezio Mauro e tanti altri, abbinando sapientemente la cultura alla promozione territoriale. Campomarino, Montecilfone, Termoli, San Martino in Pensilis, Portocannone e Guglionesi ci hanno scommesso e la puntata sembra essere stata vincente. La curatrice del festival, la giornalista Valentina Fauzia, ieri non ha potuto non ringraziarli ad uno ad uno, invitando i presenti a salire sul palco insieme ai partner privati che hanno sostenuto il progetto.

Domenico Iannacone all'Aut Aut

‘La cultura è la cura’, questo il motto che anche Domenico Iannacone ha ‘sposato’ ricordando dal palco del Teatro Fulvio quanto questo sia vero specie per i nostri piccoli territori. E la cura è una parola a lui cara, che nelle sue ‘inchieste morali’ a contatto con la gente si riempie di significato. Il suo non è un giornalismo qualsiasi, fatto di scoop e sensazionalismo mediatico. Più che un giornalista lui ama definirsi ‘raccontatore di storie’. “Ma  per raccontare devi conoscere, e per conoscere una cosa la devi toccare”.

Quello di Iannacone è un modo unico di entrare in punta di piedi nelle vite delle persone, venendo a contatto con microcosmi unici. Sebbene molti li conoscessero già, ieri l’autore molisano ha mostrato estratti dei suoi servizi giornalistici (tratti dalla trasmissione I dieci comandamenti e Che ci faccio qui) alternandone la visione alle sue riflessioni. Il pubblico lo ha seguito ‘affascinato’, quasi rapito dal suo narrare che sa emozionare come pochi. Una sensibilità – la sua – che non è e non potrebbe essere artefatta ma che – ed è questo che colpisce dello straordinario autore – viene dall’interno, da una sensibilità che non si inventa.

“Quando giro i miei servizi è come se scrivessi dei versi”, ha raccontato Iannacone agli astanti che hanno udito le sue poetiche e in molti casi dolenti narrazioni. Dalla Terra dei Fuochi, dove è stato commesso “il peggiore degli atti impuri”, alle ‘vele di Scampia’ con le sue vite ai margini, passando per un istituto scolastico del napoletano in cui la vera battaglia è portare i ragazzi a scuola, sperando di salvarli da un destino già scritto: il risultato è un peregrinare talvolta surreale ma che paradossalmente ha il dono di avvicinare le nostre vite a quelle degli altri.

Domenico Iannacone all'Aut Aut

Accompagnato dalle sue parole – anche queste scelte con cura – il viaggio nell’altra Italia di Iannacone è proseguito nella Milano ‘b’ di chi si vede entrare in casa un ufficiale giudiziario che gli notifica lo sfratto e, con l’attore Valerio Mastandrea, è arrivato nella malinconica e insondabile Roma. Spesso la parola si fa da parte e a parlare sono le immagini, come nel racconto struggente su Pier Paolo Pasolini.

Nell’intenso incontro col giornalista di RaiTre ha trovato spazio anche una storia di Campobasso incrociando due vite, le loro ferite e la loro resistenza. Un uomo con la sindrome di Down che si prende cura della anziana madre affetta da demenza senile. Come? Con la dolcezza delle parole, pronunciate alla finestra osservando le nuvole. “Mamma, tu cosa desideri?” non è una semplice domanda: è un atto d’amore profondissimo e non ci sono parole da aggiungere, e infatti Iannacone non lo fa limitandosi a ‘registrare’ quel momento lirico.

“Ho fatto un lavoro di sottrazione delle parole. In televisione spesso se ne dicono  troppe”. La ‘sua’ televisione è invece riempita da poche domande e da silenzi pregni di significato. Non servono molte parole se queste volano alte in profondità e hanno la forza dirompente di carezze o, al contrario, di pugni.

Domenico Iannacone all'Aut Aut

Così, con due ore intense di sguardo e ascolto autentici che hanno commosso a più riprese gli ‘spettatori’, si è conclusa l’ultima edizione dell’Aut Aut Festival, non prima però che l’amato ospite salutasse ad uno ad uno i tanti accorsi in teatro per lui. L’impressione è che un’altra comunità sia possibile.

*riproduzione riservata

foto di Costanzo D’Angelo

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