Campobasso

“Mi hanno strappato i figli senza motivo, hanno ucciso un padre e distrutto 2 ragazzi”

E’ la triste storia di un 42enne di Campobasso che da mesi lotta per riabbracciare i suoi bambini costretti in una casa protetta a causa delle presunte violenze che la loro mamma avrebbe subito dall’attuale compagno (ma che le indagini smentirebbero qualunque abuso). A farne le spese è stato l’operaio molisano, sospettato ingiustamente per colpe non commesse, privato senza motivo dell’amore dei suoi ragazzi e soprattutto mai ascoltato dall’autorità giudiziaria preposta al caso. Con l’avvocato Maria Bianchini non ha alcuna intenzione di mollare la sua battaglia e si dice convinto che il “sistema Bibbiano” sia molto più esteso

“Dal nove gennaio non vedo i miei figli e ho notizie sporadiche. Non so che fanno, come stanno, come crescono, come vanno a scuola, non so nulla è come se mi avessero tolto ogni motivazione per vivere”.

Il dolore di quest’uomo, padre 42enne di un maschietto e di una femminuccia, il primo appena adolescente, la seconda ancora un bambina, è tutto racchiuso in questa frase, messa nero su bianco negli atti e nelle segnalazioni che insieme all’avvocato Maria Bianchini ha inoltrato a tutte le autorità competenti e con ogni documentazione possibile senza mai avere alcuna risposta. Mai un colloquio con i giudici minorili. Mai un incontro che desse a lui come agli operatori sociali la possibilità di difendersi da accuse che non lo riguardano e rispetto alle quali ha prodotto documenti e testimonianze ma tenute in considerazione.

La sua storia appare molto simile a quelle raccolte nell’inchiesta “Angeli e demoni” di Bibbiano. E per questo non ha alcuna dì intenzione di mollare la presa “lo devo ai miei figli – dice – e lo devo a tanti genitori come me vittime deboli di un sistema normativo e giudiziario che ti prosciuga se sei nessuno, se non hai denaro, se sei soltanto una persona onesta che la mattina si sveglia all’alba per andare al lavoro e rientrare la sera quando i tuoi figli già dormono”.

Quest’uomo è separato. La sua ex si è presto rifatta una vita in provincia di Bari. Ma fin qui tutto normale. Vedeva i suoi ragazzi regolarmente, li sentiva al telefono, trascorrevano insieme le festività, i fine settimana, una separazione normale e pacifica per il bene dei figli.

Improvvisamente di loro non ha più notizie. E dopo una serie di telefonate e allarmi inviati, viene a sapere che sono stati trasferiti con la mamma in una casa protetta della Puglia perché la donna aveva denunciato il suo compagno per un caso di presunta violenza (le indagini avrebbero poi dimostrato che violenza invece non ci sarebbe stata).

Da questo momento in poi per questo padre inizia l’inferno. Quasi fosse stato lui il presunto colpevole o il presunto autore di quel gesto (che non ci sarebbe stato) viene tenuto a debita distanza da parte degli educatori sociali e degli assistenti del centro dove sono confinati i ragazzi con la madre.

Telefonate sotto stretto controllo, mai una visita e spesso dinieghi ‘superiori’ oppure omissioni incomprensibili.

L’avvocato Maria Bianchini inizia a seguire da vicino la vicenda e nel lungo viaggio che la porta a scoprire carteggi, dinamiche di lavoro, testimonianze, telefonate registrate scopre un “mondo complesso e affatto chiaro” che non esita a paragonare per molti aspetti a “quello di Bibbiano. Io sono un operatore del diritto – dice infatti – eppure ho trovato e riscontro tuttora notevoli difficoltà nel diritto di difesa del mio assistito in quei posti. C’è una giustizia incomprensibilmente ostativa, che si rifiuta di leggere, osservare e capire. Avevamo chiesto di assistere all’interrogatorio dei ragazzi che noi riteniamo plagiati, ci hanno respinto anche questo. Non c’è alcuna trasparenza. Addirittura in una delle ultime udienze il giudice minorile che ci aveva convocato lì a Bari, ha invitato il mio cliente a lasciare il Palazzo di giustizia. Sa cosa vuol dire? Non a lasciare l’aula ma il palazzo di giustizia. Sono incredula e anche delusa. Io, che lavoro con il diritto, mi aspetto sempre che giustizia sia fatta. Ma se per dimostrare la presunta innocenza di un cittadino bisogna prima lavorare a capire se puoi farlo in un ambiente dove si salvaguardi davvero la giustizia a dispetto dell’ingiustizia, allora le aule di quel tribunale perdono di autorevolezza e tu perdi di motivazione perché capisci che c’è qualcosa nel sistema che non funziona”.

Questo padre oggi spera di riabbracciare i suoi ragazzi. Loro sperano di riabbracciare il papà. Lo cercano, e lui lo sa. Gli lanciano messaggi chiarissimi, nelle sporadiche telefonate registrate dal 42enne il più grande chiede finanche che il genitore faccia istanza perché li porti a casa per le festività dei morti. Ma gli educatori fingono di non capire, relazionano il contrario, a dispetto di atti e registrazioni. Rifiutano il confronto.

Il 5 novembre è stato convocato di nuovo a Bari, dopo una protesta che ha messo in scena davanti al tribunale con megafono e striscioni per urlare la sua disperazione e denunciare l’ingiustizia che sta subendo, qualcuno finalmente si è detto disposto ad incontrarlo.

Il 5 novembre quindi con l’avvocato Bianchini sarà di nuovo al tribunale dei minori. Porterà con se, come sempre, i faldoni con tutto il suo carteggio, tutte le sue prove, tutti i suoi atti per dimostrare che lui è un padre innocente, una vittima, forse di un sistema malato. E che vorrebbe soltanto riabbracciare i suoi ragazzi prima che sia troppo tardi.