Affari comunitari

Molise, ma dove vai se l’Europa non ce l’hai?

Era ora. Dopo 5 anni di flop nella programmazione dei fondi europei, con numeri sconfortanti (solo il 18% del budget disponibile è stato speso a vantaggio della collettività) la Regione si dota di uno strumento per intercettare e programmare i finanziamenti e per partecipare al processo di svecchiamento che l'Europa chiede. La maggioranza di centro-destra cede e vota sì malgrado Toma abbia arricciato il naso. Perchè un conto è la propaganda, un altro è amministrare.

Vuoi aprire un’attività? Una start-up? Puoi, ma devi accedere ai fondi europei. Avviare una coltivazione agricola innovativa? Ti aiuta l’Europa. E tu, sindaco, vuoi aggiustare una strada? Vuoi fare un ponte? Sempre per Bruxelles devi passare. Per non parlare dell’Amministrazione regionale: qua lo sviluppo si fa con I Fesr, acronimo che sta appunto per Fondi Europei di Sviluppo Regionale.

L’Europa, quella parola dibattuta e sviscerata in astratto, che divide l’opinione pubblica come fosse una squadra di calcio, è un vincolo imprescindibile quando il dibattito politico si allontana dalla pura propaganda e si fa stringente, calato dentro le necessità reali del Molise. Che sono tante, tantissime.

Per la verità anche il budget messo a disposizione dall’Europa è tanto. Peccato che il Molise non riesca a coglierne appieno le potenzialità. Gli ultimi report sono disarmanti: su una dotazione complessiva di 154 milioni di fondi europei sono stati impegnati poco più di 28 milioni, solo il 18%. Il Molise non ha speso nemmeno un quarto di quello che avrebbe potuto. E non parliamo solo di privati, visto che è andata perfino peggio con il Fesr, dove le risorse impegnate sono state un misero 9%. E per quanto riguarda l’energia sostenibile e l’ambiente? Zero spaccato, e non è una esagerazione: nemmeno un centesimo.

 

Uno spreco, in senso vero. E se c’è qualche Comune (il caso di Riccia è emblematico) che da anni sta provando con successo a intercettare le preziose opportunità che vengono messe a disposizione dall’Europa – la stessa che si chiama in causa nelle campagne elettorali improntate al populismo, come se fosse la madre di tutti i mali – la maggioranza delle pubbliche Amministrazioni “di stanza” nel nostro territorio si illude di poter fare a meno di un Ufficio Europeo.

Ancora troppi i Comuni che – per negligenza, presunzione o ignoranza – non prevedono strutture interne affidate a persone capaci e preparate specializzate in bandi, dove i giovani (e non solo) possano trovare un valido supporto a idee imprenditoriali. Anzi, possano trovare l’unica chance – in assenza di budget personale – per realizzare quelle idee imprenditoriali.

Il lavoro è una emergenza, si sa, e non solleva nessuno dalla responsabilità di occuparsene. Ognuno, nel suo “piccolo”,  è chiamato a contribuire a creare possibilità occupazionali concrete. Comuni compresi. Ma i sindaci non possono essere considerati una sorta di “ufficio di collocamento”, anche se bisogna ammettere che spesso sono gli stessi primi cittadini a trovare comoda, per gli ampi ritorni sul piano elettorale, la “questua” settimanale di cittadini che bussano col cappello in mano.

Lo sviluppo però, il bene di un territorio, sono altra cosa. E che piaccia o no oggi passano per l’Europa. La stessa Europa che indica linee guida e promulga direttive nelle materie più disparate, a cominciare da impresa, agricoltura, pesticidi, ambiente, innovazione, rifiuti, digital divide, e chi più ne ha più metta. Si tratta di indicazioni vincolanti, alle quali gli amministratori locali devono adeguarsi quando si pensa, si scrive e si mette ai voti una proposta di legge, anche su scala regionale, oppure si procede a un regolamento qualsiasi in un qualsiasi settore. L’Europa, che per definizione giuridica è un’organizzazione internazionale politica ed economica a carattere sovranazionale, e che comprende 28 Paesi membri fra i quali l’Italia, è presente nella materia legislativa nazionale assai più di quanto si potrebbe credere. In un mondo globale, in un sistema di “libero mercato”, in un contesto di importazioni ed esportazioni che realizzano la difficile bilancia dell’economia, l’Europa denta il collante sul quale si incastrano norme e leggi dei singoli Paesi.

Fermo restando l’indipendenza di ogni Stato, non esistono enti pubblici che possano baypassarla.

Tradotto con un concetto semplice: il Molise può uscire dal vecchiume logoro che lo caratterizza solo se si aggancia alle nuove proposte europee, se afferra il treno di Bruxelles. Per gli amministratori, in modo particolare, è essenziale. Tanto più che a 5 anni dall’avvio della programmazione comunitaria la macchina politico-amministrativa del Molise appare in grave difficoltà e priva di una strategia chiara per lo sviluppo delle aree interne.

Ecco perché sorprende che ci sia voluto tanto tempo (e sia occorsa tanta insistenza) per dotare il Consiglio regionale del Molise di una Commissione Speciale per gli Affari Comunitari. Uno strumento necessario. La proposta partita da Micaela Fanelli (Pd) alla quale si è agganciato poi il consigliere Primiani (5 Stelle) si prefigge il compito di dare impulso alla normativa che disciplina il settore degli affari comunitari, migliorare lo stato di avanzamento di spesa dei fondi europei e fornire linee di indirizzo per la futura programmazione.

 

Martedì scorso, in Consiglio regionale, la proposta di legge è stata approvata all’unanimità. I vantaggi sono reali: intercettare e programmare i finanziamenti europei è una operazione fondamentale per una regione come il Molise, a rischio spopolamento, con graissime lacune infrastrutturali, ad alto tasso di disoccupazione e con innumerevoli vertenze di lavoro sul tavolo.

“Noi siamo obbligati ad adeguarci alle direttive comunitarie, ma finora non avevamo lo strumento per poterlo fare – ha spiegato Micaela Fanelli – Oggi se non dai ottemperanza a una norma comunitaria, per esempio in materia di impatto gas nell’ambiente, lo devi dire. Il rispetto e l’attuazione delle norme europee sono la cifra concreta per indicare quanto siamo all’avanguardia e competitivi. Finora purtroppo sia la capacità di mandare avanti gli atti normativi che la capacità di programmazione erano ferme, in quanto il Consiglio regionale non aveva strumenti adeguati. Ora grazie alla Commissione per gli Affari comunitari le funzioni di indirizzo tornano in Consiglio regionale”.

Vuoi avviare una impresa? C’è l’Europa. Una start-up? Sempre l’Europa. Agricoltura, agroalimentare? Idem. Tecnologia, Ambiente, turismo? La musica non cambia.

In uno scenario ampio e con una tempistica strategica, il Molise corre ai ripari dotandosi di uno strumento non solo per dettare le linee alla corretta gestione dei fondi europei, utilizzati poco il male, ma anche per garantire una visione finalmente europea alla Regione Molise.

La proposta di legge, alla fine, è passata all’unanimità. Ed è una buona notizia. Il retroscena lo è meno: in Commissione il centro-destra si è opposto su indicazione del Governatore Donato Toma ed è stata necessaria una grande opera di persuasione per convincere la maggioranza della bontà (e della necessità) del provvedimento. Alla fine i signori consiglieri hanno alzato la testa e hanno detto sì alla decisione di impadronirsi “collegialmente” dei temi della programmazione con gli unici veri fondi che sono a disposizione. Hanno alzato la mano compatti, con buona pace del Presidente. Ed è anche questa una buona notizia. Soprattutto perché significa che la propaganda antieuropeista e sovranista, alla fin fine, vale fino a un certo punto quando si tratta di “governare”.

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