Sfide

36 anni fa Antonio in windsurf fino alle Tremiti. “Grazie all’incoscienza della gioventù. Nel 2023 lo faccio di nuovo”

Antonio Canosa, medico termolese 59enne ha attraversato nel 1983 l'Adriatico da Termoli alle Tremiti in windsurf. Con sua sorella Pina, presente durante la traversata, racconta quella giornata intensa. "Per i 40 anni dell'impresa, tra quattro anni, lo faccio di nuovo"

Tenere a freno i due fratelli mentre raccontano l’avventura di 36 anni fa è difficile. Ognuno di loro interviene per aggiungere un dettaglio mentre l’altro inizia a raccontare; la voglia di condividere la loro esperienza è così bella che diventa piacevole sentirli parlare con quell’entusiasmo, diventa contagioso.

E pensare che per più di 30 anni quella storia è rimasta chiusa e nascosta dentro ad un cassetto, o meglio dentro la loro memoria. E solo grazie a Marzia, giovane docente universitaria di lingue, nipote di Antonio e figlia di Pina Canosa, è tornata a galla.

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“Durante una chiacchierata in famiglia, mio zio Antonio – racconta lei – ha riportato alla memoria questa traversata improvvisata verso le Tremiti con il suo windsurf rimproverando anche che nessuno ne avesse mai parlato. E allora ci penso io, ho detto – rivela – e così ho pensato di mettermi in contatto con voi”. Nel frattempo i due fratelli parlano uno sull’altro, continuano a raccontare, i ricordi riaffiorano e si correggono a vicenda mentre tentano di ricostruire quella giornata.

E allora eccola qui la storia, 36 anni dopo quel 31 agosto 1983.

“E’ iniziata per un caso fortuito – interviene Pina, farmacista del centro città, dando inizio al racconto e riavvolgendo il nastro della memoria – mi ricordo che era un mercoledì, giorno in cui la farmacia è chiusa per il riposo“. “In realtà – interviene il fratello a gamba tesa e con un pizzico di simpatia, quasi a smontare l’entusiasmo della sorella – c’entra poco, il mercoledì è stato scelto per un altro motivo: c’era un film, “Un mercoledì da leone“, e volevo ispirarmi a ciò anche perchè il tema era il surf. In quegli anni – aggiunge – il windsurf era la novità, c’era il boom di tavole ed era la passione collettiva dei giovani. Io facevo il bagnino e ho imparato da autodidatta dal 1980 quando mi ricordo che un tedesco in vacanza a Termoli usciva con la tavola in mare e spesso cadeva, ma era giustificato: era stato il primo a portarla in città“.

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“Il sabato precedente parlando del più e del meno abbiamo deciso di fare qualcosa, qualcosa di diverso, di nuovo e così abbiamo stabilito che il mercoledì saremmo partiti prestissimo con la tavola da windsurf per arrivare alle Tremiti, in supporto avremmo avuto una barca che ci avrebbe accompagnato, dico avremmo perchè dovevamo essere due e invece sono rimasto da solo“. “Una cosa cotta e mangiata insomma – aggiunge ancora Pina con nochalance e tanta voglia di raccontare – e la barca era del mio capo, il dottor Nicola Troilo“.

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Tutti pronti alle 5.30 e meno di mezz’ora dopo già in acqua, in partenza dal molo sud del porto di Termoli. Tavola da windsurf sotto ai piedi, barca di supporto a poche centinaia di metri di distanza e “un abbigliamento non del tutto adatto”,  rivela sorridendo Antonio ricordando quel momento della partenza. Poi il via. Direzione isole Tremiti ad est, a bordo di una tavola lunga 3.90 metri, larga 40 centimetri e con una altezza che raggiungeva i 4 metri con la vela. “Un tavolone era detta, così li chiamavamo, nulla a che fare con quelli di oggi lunghi 2.10 metri”.

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Quattro ore dopo, l’arrivo. Sì, quattro ore. “Non pensavo assolutamente che potesse essere così lunga quella traversata, perchè se lo avessi saputo forse avrei detto di no – aggiunge Antonio giungendo quasi alla fine della storia – ma a quel tempo ero giovane e proprio l’ingenuità della gioventù, l’incoscienza e il coraggio dei miei 23 anni mi hanno portato a mettermi in viaggio. Sono partito senza bussola, senza preparazione, senza informazioni, così, un po’ all’arrembaggio, un po’ come Colombo, all’avventura. Ho viaggiato da solo seguendo il sole per circa 13 miglia, come mi era stato consigliato dal dottor Troilo, perchè la barca si è dovuta allontanare e io ho proseguito.

Lungo il percorso – continua – ho incrociato un aliscafo che mi ha suonato per tutto il tempo, pensava fossi un pazzo ma io ho alzato le mani per far capire che stavo bene e che potevano proseguire, poi – aggiunge – ha iniziato anche a piovere ma io non ho mai pensato di voler abbandonare o di fermarmi, non mi è passato per nulla in testa”.

Dopo le prime due ore arriva una pausa. “Gli abbiamo dato una bottiglietta – interviene Pina – e il dottor Troilo gli ha consigliato di andare sottovento nel momento in cui avrebbe visto l’isola, così da raggiungerla più facilmente, noi non avremmo potuto avvicinarlo ma lo avremmo tenuto d’occhio anche da lontano“. Il viaggio prosegue e l’isola è sempre più vicina. “Gli ultimi 100 metri li ho fatti a braccio, togliendo la vela ho iniziato a nuotare e finalmente sono arrivato. Certo non potevo stare fermo e così mi sono messo a fare windsurf tra le isole, dando spettacolo ai tanti turisti presenti con le figure acrobatiche. Poi siamo ripartiti, ma sono tornato con la barca, i miei muscoli erano doloranti”.

E alla domanda se vuole riprovarci la risposta è rapida, piena di entusiasmo e positiva, ovviamente. “Certo, ci avevo pensato già per il 30entesimo anniversario, ma non ho trovato la tavola. Dopo che ho fatto quella impresa, ne hanno parlato e volevano fare delle gare, delle staffette, ma non si è potuto fare più nulla, per questo sto pensando di tornare sulla tavola per i 40 anni dell’evento. L’adrenalina e l’entusiasmo non mi mancano”.

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