Lo sguardo di assunta domeneghetti

Se il sogno civico tramonta sulle ideologie

AfFondo/9 - Autorevoli sottoscrittori del manifesto del movimento civico Io Amo Campobasso si sono schierati sul ballottaggio di domenica prossima. Se la posizione ufficiale resta quella della libertà di scelta assistiamo a una ideologizzazione del dibattito che secondo alcuni avrebbe tradito lo spirito di Iac e quel sogno di civismo e democrazia che ha fatto nascere l'intero progetto politico.

Gravina o D’Alessandro?

È la peggiore domanda in circolazione dopo quella sui programmi per Capodanno o Pasquetta. Ma è anche quella a cui i campobassani non possono sfuggire in questi ultimi scampoli di campagna elettorale. Domenica 9 giugno ci sarà il ballottaggio e nessuno, o quasi, riesce a sottrarsi. Anzi, sembra di assistere a una gara per far sapere al mondo chi sta con chi e contro chi. Succede nei palazzi della politica e in mezzo alla strada. Succede ancora di più sui social, la piazza virtuale diventata reale e capace di influire sulle singole decisioni.

Nessuno è salvo, dicevamo. Neppure quelli che una alternativa al duopolio gialloverde e al Pd l’avevano proposta candidandosi, mettendoci la faccia e pure un sacco di belle idee e proposte per portare il capoluogo fuori dal pantano.

“Prima il programma, poi le persone”, recitava il mantra di Io Amo Campobasso nel periodo precedente al voto. Poi sappiamo tutti come è andata: il movimento civico ha preso quasi il 5 per cento dei voti piazzando, questo dipenderà tutto dal ballottaggio, la loro candidata sindaco Paola Liberanome tra i banchi dell’opposizione in Consiglio comunale. E da quel momento pure i civici puri di Iac hanno smesso di recitare quel mantra.

“Prima il programma poi le persone” è stato soppiantato da un più accessibile “prima le persone, anzi, prima le ideologie”. E poi, se resta tempo,  “penseremo alle cose da fare”.

Il dibattito – soprattutto quello in rete – animato da sottoscrittori di punta di quel manifesto politico che ha esordito il 14 febbraio, ha preso una piega inaspettata. Iac, pur avendo votato a maggioranza un documento che lascia libertà di scelta ai suoi elettori e sottoscrittori (e dunque quella resta la posizione ufficiale), si è fatto fagocitare da un dibattito ideologico che ha spaccato il movimento. E che tiene banco, questa almeno è l’impressione, molto più di quel sogno di civismo e democrazia che aveva fatto da fertile humus allo stesso spirito di Iac. Il problema sembra essere diventato se stare coi ‘fascioleghisti’ di Salvini o coi ‘meno peggio’ di Di Maio. Eppure lo avevano rimarcato a chiare lettere nel loro ultimo documento che la differenza tra loro e la Lega e i 5 Stelle era, seppur per ragioni diverse, troppo grande. E del resto, invocando discontinuità fin dal principio, non poteva essere altrimenti. Nonostante tutto anche gli uomini e le donne di Io amo Campobasso si sono sentiti ‘obbligati’ a prendere una posizione chiudendo in un recinto – speriamo non per sempre –  quella voglia di fare del bene alla città indipendentemente dal nome del futuro sindaco.

L’associazione Io Amo Campobasso non c’è ancora, ma la portavoce Liberanome ha annunciato che nascerà presto. E tutta la città se lo augura perché anche in questo modo ci si può mettere al servizio del bene comune. Non c’è stato, però, neppure il tentativo di aggregarsi attorno al programma di Maria Domenica D’Alessandro o Roberto Gravina. L’invito, forse, non è neppure arrivato. Ma questa sarebbe potuta essere una soluzione più pragmatica e meno ideologica? Può darsi. Cercare i 10 punti del manifesto di Iac tra le 55 pagine del programma dei grillini o tra i 9 maxi temi del centrodestra avrebbe portato i civici a conclusioni diverse? Magari si sarebbero accorti di avere tanto in comune con entrambi?

I programmi, siamo onesti, si somigliano un po’ tutti e molte volte è solo questione di presentazione cronologica. Però partire da lì, in un ragionamento sul ballottaggio, avrebbe potuto almeno giustificare la presa di posizione di chi una posizione l’ha voluta dichiarare come ha fatto, ad esempio, Pierpaolo Giannubilo.

Qualcuno, come il Pd, ha provato a partire da un accordo programmatico coi 5 Stelle ma la sintesi della segreteria è stata di tutt’altro tenore: “Libertà di scelta ma mai con la Lega fascista, antieuropeista e razzista”. Che se non è zuppa…

Secondo Adelchi Battista, candidato di Iac e tra i primi firmatari del manifesto, questo “contratto” Pd-5Stelle porterà all’immobilismo. “In un consiglio dove la maggioranza e l’opposizione sono alleati di governo non accadrà niente” scrive Battista convinto che “tutti quelli che oggi gridano alla gloria del meno peggio dovranno rimangiarsi ogni santa parola”. Ma persino questa ipotesi nefasta, eppure terribilmente verosimile, appare, oggi, meno interessante della mera disputa D’Alessandro-Gravina.

Alla faccia di chi credeva che le ideologie fossero morte da un pezzo. Compresi i ‘gemelli’ Salvini-Di Maio.

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