Le carte dell'operazione ares

Il summit di mafia nel covo di Petacciato e gli accordi per la droga: gli affari dei clan di San Severo in Molise

Nell’ordinanza del Gip di Foggia Francesco Agnino tornano spesso luoghi, nomi e circostanze che legato l’operazione antimafia ‘Ares’ al Molise. Il clan Nardino aveva una base a Petacciato, dove a dicembre del 2015 si tenne un’importante riunione con la batteria rivale dei La Piccirella. I molisani arrestati la settimana scorsa erano specializzati nella vendita della droga al dettaglio, come emerge dalle intercettazioni

È a Petacciato che sarebbe stata sancita la momentanea pace fra i due clan più potenti della mafia di San Severo. Lo scrive il Gip di Foggia Francesco Agnino nell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato all’arresto di 50 persone a vario titolo indagate per associazione di stampo mafioso, traffico di droga, tentato omicidio, estorsione e diversi altri reati nell’operazione antimafia denominata ‘Ares’. Nel centro adriatico molisano uno dei due clan, quello dei Nardino, aveva un suo covo all’interno del quale la Polizia ha intercettato parecchie conversazioni, fra cui quella del summit fra i capi Franco Nardino e Giuseppe La Piccirella, nel dicembre 2015.

L’operazione di giovedì scorso 6 giugno ha portato alla luce l’esistenza – che andrà chiaramente dimostrata nell’eventuale processo futuro – di due distinte organizzazioni criminali sul territorio sanseverese con ramificazioni in Molise, dove l’indagine coordinata dalla Procura di Foggia ha coinvolto in totale nove persone, compresi due individui finiti in carcere e quattro ai domiciliari.

Ma dalla lettura delle 318 pagine dell’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari balza all’occhio quante volte venga ripetuto il nome di Petacciato, perché è da lì che arrivano molte delle intercettazioni ambientali fra il 2015 e il 2016 che inguaiano Franco Nardino e il suo clan.

Stando all’inchiesta coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Bari infatti, il 27 dicembre 2015 il boss Giuseppe La Piccirella si reca in Molise per far visita a Franco Nardino, boss del clan rivale e in quel momento fuori dal carcere in libertà vigilata, condizione per la quale usufruiva di permessi che gli consentivano di spostarsi e grazie alla quale il capomafia avrebbe preso in affitto un appartamento, che gli inquirenti non localizzano volutamente.

Sta di fatto che il Gip definisce l’incontro “un vero e proprio summit mafioso tra gli elementi apicali della criminalità locale”. Ma cosa si sarebbero detti i due pregiudicati? “In quell’occasione La Piccirella, sebbene accordò a Nardino e al suo gruppo di poter continuare a perseguire i propri fini attraverso le attività illecite senza alcuna sua ingerenza, aveva tenuto a sottolineare che il controllo delle attività illecite di San Severo, principalmente quello relativo ai traffici di sostanza stupefacenti era ad appannaggio esclusivo del suo sodalizio criminale”. In pratica La Piccirella avrebbe detto a Nardino: “fai come vuoi, ma non interferire coi miei affari perché a San Severo comando io”.

Blitz antimafia

Non è una ricostruzione campata in aria, dato che lo stesso La Piccirella viene successivamente intercettato dalla Polizia mentre dice ai suoi sodali “devono capire che il paese è nostro”. E se qualcuno si chiede del perchè Nardino avrebbe detto sì senza battere ciglio, la spiegazione è sempre nell’ordinanza, e sta nel fatto che essendo Nardino appena uscito dal carcere, non aveva la stessa potenza criminale del rivale ed era in fase riorganizzativa.

“L’accordo stipulato risultava una vera e propria concessione che La Piccirella aveva fatto a Nardino e da questi mal digerita. Nonostante ciò, Nardino riconoscendo nel gruppo antagonista una forza maggiore, almeno in quel momento storico, desisteva dalla sua brama di conquista del territorio rinviandola a quando sarebbero stati in grado effettivamente di ostacolare e contrastare i rivali nei dovuti modi”. Ed è quanto potrebbe essere successo in seguito, con agguati e uccisioni che starebbero a rappresentare la guerra di mafia in atto negli ultimi tempi, ora fermata dalla retata di pochi giorni fa.

Gli inquirenti fanno frequente riferimento alle ‘conversazioni di Petacciato’, ‘gli accordi di Petacciato’, ‘il covo di Petacciato’, per spiegare quanto siano state importanti quelle intercettazioni ambientali, nelle quali i Nardino parlano genuinamente di carichi di droga in arrivo dall’Olanda e della Campania o di armi quali pistole e kalashnikov.

Arresti operazione Ares

Proprio a proposito della droga, nell’ordinanza emerge il ruolo – marginale nell’organizzazione criminale ma non meno importante nel commercio della droga -, di alcuni soggetti molisani. A loro viene affidato il compito della vendita al dettaglio di cocaina, nonché hashish o marijuana e in un caso specifico, quello dell’approvvigionamento di cannabis indiana.

Gli spacciatori molisani, dell’area di Termoli e Campomarino, fanno riferimento al braccio destro di Nardino nell’ambito del commercio di stupefacenti. Secondo il Gip, avevano adottato un preciso modus operandi per accordarsi con gli assuntori di droga, fatto di brevi e criptate conversazioni telefoniche e via messaggi, il che fa intendere che ci fossero accordi precedenti.

È così che dalle intercettazioni emergono frasi sintetiche e apparentemente indecifrabili come “papà ma la stufa quando arriva”, oppure “metti una goccia di caffè, per farmi riprendere, hai capito?” e ancora “i cocomeri li abbiamo…li dobbiamo aprire i cocomeri”.

Allo stesso modo ecco emergere i luoghi dello spaccio. “Vedi che più avanti ci sono le giostre, fermati là che sono arrivato” oppure “all’Arcadia, ora vengo là dai” e persino “alle scuole medie”. Il riferimento alla droga risulta più evidente quando si parla di cifre “centocinquanta…l’assegno? No no cash” e alla scarsa qualità del prodotto, presumibilmente eroina: “sti buchi non mi piacciono” o “è andato a finire in ospedale” e “vieni a prendere sto schifo”.

L’ennesima dimostrazione dei tentacoli della mafia di San Severo nel nostro territorio è che dal Molise arrivava anche il Fiat Doblò utilizzato nel marzo 2016 da due pregiudicati del clan La Piccirella per un attentato intimidatorio, in parte fallito, nei confronti del titolare di una macelleria di San Paolo Civitate. Un chiaro tentativo di estorsione ripreso da alcune telecamere di videosorveglianza che hanno inquadrato chiaramente la targa dell’auto, risultata rubata nell’agosto del 2015 e regolarmente denunciata da una donna di Termoli.

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