Ritorno alle radici

Emigrata in Germania, rientra per la transumanza. Cristina: “Meraviglioso riscoprire la propria storia”

Il mal di tratturo ha colpito anche lei. Cristina Di Nezza non pensava di rientrare in Germania con un carico di malinconia così duro da smaltire, anche se alla fine ne è valsa la pena.

Ha realizzato il suo sogno: fare la transumanza di cui il padre, Felice, classe 1954, le parlava quando era piccola e che le ricorda ancora oggi. Felice e famiglia vivono da sempre in una frazione di Frosolone, Correcarrise, che confina con Acquevive, la località nota per essere la casa dei Colantuono, i custodi della transumanza secolare che si è appena conclusa come ogni anno negli ultimi giorni dell’ultima settimana di maggio. Tra le due famiglie c’è una parentela, ma soprattutto ci sono tante esperienze condivise in passato, decine di transumanze tramandate di padre (la faceva anche il nonno) in figlio.

Cristina invece vive in Germania. Ha lasciato l’Italia nel 2008, dopo la laurea in ingegneria elettronica, destinazione Ulm, cittadina del Baden-Wurttemberg, dove ha trovato il suo primo lavoro. Con lei il marito, Giangiacomo, milanese, e i figli Marco e Luca.

“Sono sempre stata affascinata dai racconti di mio padre – ci ha spiegato appena dopo il pranzo finale della transumanza 2019 – Mi parlava soprattutto dei viaggi fatti in autunno, sotto la neve, negli anni ’70 , fino al 1980, quando sono nata io. Di quei viaggi gli sono rimasti dentro tanti aspetti, primi fra tutti la durezza e la fatica” spiega.

Così Cristina si è decisa, ha coinvolto il marito ed è tornata a casa, per la mitica transumanza. Ha esplorato per la prima volta quei tratturi ancora colmi di impronte e meraviglie, a caccia di emozioni e di respiri che segnano non solo la sua storia ma pure quella del Sud, quella dell’uomo e degli animali, della natura e della civiltà agropastorale, quella che a breve potrebbe ottenere il riconoscimento tra gli elementi del patrimonio immateriale dell’umanità.

“E’ incredibile – ci racconta nella video intervista che pubblichiamo in basso – Sono venuta via da una vita frenetica, tra impegni, cellulari che squillano e altro, e sono piombata in una realtà lenta, diversa, straordinaria: quella dei Colantuono. Mi impressiona il fatto che per quattro giorni abbiamo fatto tutto in modo calmo e naturale, letteralmente a passo d’uomo. Il capo mandriano ci diceva spesso di rallentare e abbassare la voce: ‘Non fate stressare le mucche’. Poi ci si fermava tutti fino a quando l’ultimo capo della mandria non raggiungeva il resto della carovana: ‘Fermi, si procede sempre insieme’. Insomma, ritmo lento e tanto rispetto per gli animali, dai quali mi sono sentita ‘avvolta e protetta’ per tutto il viaggio”.

Sono parole dense di pathos e sincera ammirazione quelle di Cristina, e affetto pure, per quella gente che sente vicino e quei modi che lei stessa ha esportato in Germania. In fondo, pure Cristina ha fatto la sua scelta: “Da quando è nato il mio primo figlio ho lasciato il mio lavoro e sono tornata a fare quello per cui mi sento davvero portata, non ci ricavo una… lira, ma è ciò che adoro al di là di tutto: il teatro”.

La Cristina Di Nezza che ha fatto la transumanza è dunque una donna nuova: mamma, attrice e sceneggiatrice, in una compagnia teatrale di Ulm (Teatro International) nata 5 anni fa, che ha come unico scopo quello di fare integrazione… facendo teatro. Teatro e transumanza: le due ‘T’ di Cristina. Ma ‘T’ vuol dire pure tornare alla vita di tutti i giorni e qui le considerazioni finali la dicono tutta sull’essenza catturata nel viaggio appassionato per il ritorno alle radici: “Quando sono rientrata in Germania ero contentissima, felice della meravigliosa esperienza fatta, delle tante persone ritrovate dopo anni. Dopo qualche giorno, è sopraggiunta la malinconia, come sempre, per la transumanza, per la mia famiglia, per la mia terra. Almeno nella transumanza si andava e si tornava – conclude con la voce che rivela tracce di emozione tutt’altro che teatrale – con l’emigrazione, invece, difficilmente si torna…”.

Guarda tutta l’intervista.

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