La storia

Medico termina la missione tra i malati e racconta l’Alzheimer: “Mi hanno arricchito come uomo”

Dal primo giugno andrà in pensione e lascerà l’incarico di direttore dell’unico centro in Molise che cura oltre 400 pazienti all’anno affetti da demenze. Il suo è ancora un bilancio parziale l’unica certezza è che oggi “si può vivere bene nonostante la malattia se seguiti e se la società accompagna la medicina”. Purtroppo tanti progetti sono rimasti sulla carta.

Il medico geriatra Cosimo Dentizzi, oggi direttore del centro Alzheimer di Campobasso, dal primo giugno sarà in pensione. Lo hanno annunciato i suoi pazienti, i familiari di questi in un bellissimo messaggio di auguri e di saluto che hanno voluto indirizzargli rammentandone le doti umane e professionali

Mino, come lo chiamano amichevolmente un po’ tutti a Campobasso, contattato al telefono rispetto a questa nota che lo ha commosso e sorpreso, sviscera e mette in luce moltissimi aspetti della sua professione di medico legata all’assistenza degli anziani malati. Aspetti che vanno da quelli tipicamente psicologici a quelli più pratici e dei quali spesso chi è al di là della trincea, non si rende conto.

Mino oggi, a pochi giorni dal pensionamento come direttore del centro di via Toscana, si dice ancora immerso totalmente nella sua mission e che certamente non finirà in maniera brusca e netta il primo giugno perché di progetti da coltivare per il bene dei pazienti e delle loro famiglie ne ha in mente tanti. E tutti diversi.

Mino Dentizzi è stato colui che nel 1992 ha fondato il primo centro volontario per malati affetti da questo genere di patologie. Si è sempre occupato di assistenza domiciliare agli anziani e poi ha diretto la Rsa di Larino subentrando come direttore del centro Asrem di via Toscana cinque anni fa.

Dell’involuzione che la mente umana subisce col tempo conosce tutto  e conosce l’epidemiologia sul territorio.

In via Toscana, unico centro Alzheimer del Molise, fanno tutti parte di un’equipe: infermieri, fisioterapisti, assistenti sociali, psicologi, formatori…  “quindi la soddisfazione umana all’interno di un progetto riabilitativo è comune a tutti”.

Dal punto di vista medico però ammette che il traguardo più grande nel caso delle demenze è quello di rallentare la progressione della patologia, di qualunque genere sia perché “non puoi aspettarti né di guarire la persona né di ottenere chissà cosa. Quello che noi facciamo qui dentro, è ricostruire un percorso all’interno della malattia. Noi seguiamo ameno 400 pazienti all’anno e il nostro compito è quello di ricostruire il miglior percorso possibile, che non vuol dire guarire dalla malattia, né che tornano come prima, vuol dire ricostruire una strada e dare loro il miglior benessere possibile, sia al malato che al familiare”.

Già, le famiglie sono l’altra sfera che al dottor Dentizzi stanno particolarmente a cuore perché “quando una figlia porta qui un padre e racconta che non l’ha riconosciuta per questi figli è devastante. Soffrono alla pari”.

La percentuale di malati in Molise non si discosta da quella registrata nelle altre regioni d’Italia: il 4 per cento della popolazione over 65 è affetto da una qualunque demenza che va da lieve e a grave.

Mino Dentizzi in questi suoi anni come medico al fianco dei più anziani ha tratto soprattutto un arricchimento personale e il suo messaggio è chiaro: convivere con la malattia di Alzheimer si può. Ma ovviamente per farlo bisogna strutturare un percorso che sia il più possibile di benessere, con la persona e il familiare. Quindi un compito che Dentizzi ha sempre professato che “non è solo nostro, ma dell’intera società”.  Lascia in eredità un centro ben organizzato ma ancora unico in Molise mentre nei vari progetti – rimasti solo su carta – si parla  addirittura di un centro per ogni distretto sanitario della regione.

L’obiettivo che auspica a parte una cura che sia in grado di guarire è il “vivere bene, nonostante la malattia”, con “farmaci che la rallentano, che già abbiamo e che se bene utilizzati danno grandissimi risultati, perché un conto è vivere con una malattia di grado lieve, un altro è vivere con una malattia di grado moderato o severo”.