Termoli e campobasso

Gli elettori preferiscono i trans

Lungi dall'essere boicottati dagli elettori, i cosiddetti 'transfughi' sono stati al contrario premiati da questi alle urne. Emblematici i casi di Vincenzo Ferrazzano a Termoli e Salvatore Colagiovanni a Campobasso, entrambi campioni di preferenze. Ma non sono i soli.

Sono stati forse l’ago della bilancia per questa tornata amministrativa, a Termoli ma anche a Campobasso. Prima della domenica del voto in tanti, sui social e per strada – per non parlare dei compagni politici che si sono sentiti da loro abbandonati -, li hanno additati come ‘traditori’. Stiamo parlando dei famosi ‘transfughi’ o ‘saltatori della quaglia’ che però una rivincita bella e buona se la sono presa, e là dove più conta: alle urne.

Gli elettori infatti sembrano averli premiati invece che puniti, e questo è successo sia nella cittadina bassomolisana che nel capoluogo di regione.

Emblematici i casi di Vincenzo Ferrazzano a Termoli e Salvatore Colagiovanni a Campobasso. Il primo, fino a ieri l’altro assessore al Bilancio nella Giunta Sbrocca, con la casacca dei Popolari per l’Italia – partito che la volta scorsa aveva sostenuto Sbrocca e ora si è spostato su Roberti – ha fatto man bassa di voti: ben 550, risultando il più votato in assoluto tra i 278 aspiranti consiglieri dei 4 schieramenti. Il secondo, fino allo scorso gennaio assessore alle Attività produttive nella giunta di Antonio Battista, anche lui in corsa con i Popolari, è stato rieletto in Comune con il titolo di ‘campione’ di preferenze: 796.

Ma accanto a loro molti altri possono supportare la tesi che il cambio di casacca/di coalizione non è dirimente nella scelta, anzi. A Termoli nelle ultimissime settimane molto si è parlato dei tre consiglieri della maggioranza che, nell’ultima seduta di Consiglio comunale, al momento della votazione si sono ‘platealmente’ alzati e hanno salutato così Sbrocca&co. Michele Barile, Vincenzo Sabella e Timoteo Fabrizio.

Fedeli sostenitori della maggioranza per tutti e 5 gli anni di mandato, sul finire della consiliatura hanno fatto le valigie per passare al centrodestra coi Popolari per l’Italia (o con Diritti e Libertà, altra lista riconducibile a Vincenzo Niro), partito che sta nel mezzo e che per tale ragione si sposta con facilità da sinistra a destra. Anche i tre consiglieri non sono stati affatto puniti nella cabina elettorale, in particolare Michele Barile che ha preso 320 preferenze risultando di fatto l’ottavo candidato più votato in assoluto. Per lui l’elezione nel Consiglio che verrà è praticamente scontata. Non male, anche se forse non riusciranno ad entrare in maggioranza, i risultati di Timoteo Fabrizio (201 preferenze) e di Vincenzo Sabella (197).

Passando a Campobasso, i casi sono diversi. Insieme a Colagiovanni, il ‘re’ delle preferenze in queste elezioni comunali, spiccano anche altri nomi. Il consigliere transfuga più votato è stato Francesco Sanginario, dipendente dell’Unimol, che dal Pd è passato sul carro dei Popolari prendendo 366 preferenze. Dietro di lui Pietro Montanaro, dipendente Asrem, che è passato dall’Udc sempre ai Popolari ottenendo 363 voti. Si potrebbero fare altri esempi, come quello di Massimo Sabusco che è transitato dall’Udc al movimento “È ora” acciuffando ben 513 voti.

Guardando più al passato e ad esempi che sembrano andare in direzione contraria, come non citare Alberto Tramontano, oggi capolista delle Lega. Prima di approdare nel partito di Salvini ha fatto vari ‘salti’, che gli sono ‘valsi’ finanche una menzione speciale da parte di Luciana Littizzetto nella trasmissione ‘Che tempo che fa’. In queste votazioni ha preso 392 preferenze, ma alle Regionali del 2018 ne aveva ottenuti ben 807. Salto sfortunato.

Ma, eccezioni a parte, la regola sembra essere quella che poco importa con chi ci si candida. Discorso che pare reggere soprattutto per le elezioni amministrative, dove si guarda più alla persona che al partito collegato. A destra o a sinistra non fa la differenza, purchè si arrivi all’obiettivo ovvero all’elezione. La ‘fedeltà’ insomma non sarebbe un plus valore, perlomeno non in casa Molise.

Abbiamo interpellato in merito Antonello Barone, direttore di kComunicazione e analista politico, chiedendogli un commento su un fenomeno politico molto italiano e, a quanto pare, anche molto molisano: “Il transfuga è un antesignano – interpreta Antonello Barone – È un precursore. È colui che nella notte calma e silenziosa, al contrario di altri, è desto e annusa per primo l’arrivo della tempesta. E indica la via della salvezza al suo gregge. E la salvezza per il transfuga che vive sul limes del bipolarismo coincide con una sola parola: potere. Governare, avere deleghe, amministrare risorse, accogliere le richieste dei cittadini/elettori, procrastinare, a volte, più spesso trovare soluzioni. Sempre concrete, mai di principio. Il transfuga è un politico frugale. Leale con la sua morale: senza potere non si può essere utili. E gli elettori lo sanno. In lui cercano e trovano una sapienza antica, retaggio della maestria democristiana. La soluzione del particolare come viatico al miglioramento della società. Perché se è vero che in politica si deve ragionare per principi generali, è altrettanto evidente – come diceva il Principe De Curtis – che è la somma che fa il totale. E a furia di sommare voti e suffragi, questi transfughi la vita di molte persone l’hanno evidentemente migliorata e potranno migliorarla ancora con altri 5 anni di gestione del potere”.

“Del resto – continua Barone – l’utilitarismo è un istinto dell’elettore medio italiano, che sale sul carro del più probabile vincitore. Il transfuga rispetto al suo codazzo ha però un merito in più: non ha il coraggio del giorno dopo. Bensì l’intuito dell’istante prima. Non trapassa il fosso su comodi ponti, che generoso costruisce per i suoi clientes. Ma lo salta con coraggio nell’istante in cui nessuno crederebbe fosse possibile. E se necessario lo salterebbe una volta ancora e ancora a ritroso o in avanti, perché non è fedele a una terra o ad una patria, bensì è fedele solo all’esigenza indissolubile di dover governare. A vantaggio dei molti che, grati, lo seguono nel suo andirivieni. Perché, come disse quel politico con i baffetti, capotavola è dove mi siedo io. Ecco, il potere è lì dove atterra il transfuga. Fino al prossimo salto”.