Regione

Scuole, si rischia lo spopolamento. Nel prossimo anno il Molise perderà 908 alunni. Culle tra le più vuote d’Italia

I dati dell'Ufficio scolastico regionale certificano un massiccio processo di spopolamento. Sul banco degli imputati finisce la politica regionale, che per il sindacato Flc Cgil Molise non attua una seria programmazione. Spauracchio regionalizzazione: "A rischio il diritto costituzionale all'istruzione nelle regioni più povere". Ma a rischio è l'esistenza stessa di una regione che ha un numero di figli per donna pari a 1,13, il secondo peggiore d'Italia

Le scuole molisane si stanno svuotando sempre più. È un dato allarmante che fa il paio con quello certificato dall’Istat nel report sugli indicatori demografici del 2018: il Molise è la regione italiana che si spopola di più e la penultima (fa peggio solo la Sardegna) per numero di figli per donna.

Sul calo della natalità è l’Uecoop (Unione europea delle cooperative) a lanciare l’allarme: 1,13 figli per le donne molisane contro una media nazionale di 1,32. E allora la penuria di studenti nelle scuole regionali non può stupire. Ma allarmare sì.

E infatti la segreteria Flc Cgil Molise, commentando il dato fornito dall’Ufficio scolastico regionale che parla di una flessione di 908 alunni per l’anno scolastico a venire (quello 2019/2020) esprime i propri timori che accomunano un po’ tutto il mondo della scuola e dei suoi sindacati.

“Lo diciamo da tempo: nella scuola molisana è in atto un drammatico spopolamento. I dati resi noti dall’Ufficio Scolastico Regionale del Molise confermano il trend negativo per la nostra regione”. Con i 908 alunni che ‘scompariranno’ dalle scuole molisane (787 in provincia di Campobasso e 121 in provincia di Isernia), la popolazione scolastica regionale si ridurrà a 37.109 studenti.

Le scuole che si svuotano sono la cartina tornasole del calo delle nascite in Italia. Un processo in atto da tempo ma rispetto al quale il 2018 è l’anno peggiore di sempre con 9mila neonati in meno (in Italia) rispetto al minimo toccato nel 2017. E se una volta era il Sud a guidare le nascite con le famiglie più numerose – evidenzia Uecoop – adesso la “linea della culla” si è spostata sempre più a Nord con il record della provincia di Bolzano che è l’area più prolifica del Paese. Il fenomeno, come noto, è complesso e chiama in causa diversi fattori. Ma quello che viene subito in mente è che le aree dove il welfare è più sviluppato soffrano meno da un punto di vista demografico perchè le famiglie investono di più nella formazione di una propria famiglia. Più fiducia nel futuro e nei servizi (pubblici e privati) che il territorio offre. Sanità, servizi sociali e istruzione, appunto.

Il tracollo del numero di alunni molisani fa ancora più specie raffrontando la nostra alle altre realtà regionali. “Si tratta della percentuale di decremento annuale più alta d’Italia (-2,38%), a fronte di una media nazionale che si attesta intorno all’1%”. Se pensiamo che nel 2006 in Molise c’erano 47.335 alunni ci rendiamo conto delle dimensioni di questo fenomeno. Il sindacato lancia dei moniti: “La politica regionale dovrebbe interrogarsi su questo fenomeno. Il Molise, inoltre, nonostante la previsione di 14 posti aggiuntivi, resta la regione con la percentuale più bassa di classi in cui è attivato il tempo pieno (5,73%, a fronte di una media nazionale del 34%)”. Questa situazione – sempre a detta del sindacato – è dovuta ad organici insufficienti ma anche a poca richiesta in virtù della mancata predisposizione da parte degli Enti locali di servizi opportuni (come trasporti, mense scolastiche, locali adeguati) e così non si fa che penalizzare ulteriormente la nostra regione. È un po’ come un cane che si morde la coda. Se i servizi non ci sono i figli non si fanno, e senza le nascite un territorio è destinato a scomparire. Per tale ragione il Governo sta tentando di correre ai ripari con le misure (annunciate nel Def) per incentivare la natalità.

Quello che il sindacato contesta alla classe politica molisana è una più generale “assenza di adeguate politiche per l’istruzione, un settore in cui da tempo manca una vera programmazione”. Criticato anche il piano di dimensionamento scolastico recentemente approvato. “Si naviga a vista – tuona il sindacato – come testimonia l’ultimo piano di dimensionamento scolastico, approvato in extremis e senza alcun confronto con il mondo della scuola e con le organizzazioni sindacali. Tutta l’operazione si è rivelata una mera riorganizzazione numerica, che si riduce ad un atto amministrativo fatto senza una visione d’insieme, che non supera le tante criticità che avevamo evidenziato: presenza di Omnicomprensivi, pluriclassi, duplicazioni di indirizzi etc.”.

Ma sono anche le prospettive future del comparto a mettere in allarme e le preoccupazioni derivano in particolare dalle proposte di regionalizzazione della scuola che, ammoniscono un po’ tutti i sindacati, rischiano di divenire l’anticamera di un sistema educativo differenziato che finirà irrimediabilmente per danneggiare le regioni più povere, mettendo a repentaglio il diritto – costituzionalmente garantito – all’istruzione e il principio fondamentale alla parità di trattamento.

Sul punto il sindacato è chiaro: “La politica regionale e nazionale non può limitarsi a fotografare l’esistente, ma dovrebbe impegnarsi a rimuovere tali disparità di trattamento, in attuazione dei principi costituzionali. La direzione in cui si sta andando, invece, sembra diametralmente opposta: i progetti di regionalizzazione dell’istruzione messi in campo dalle regioni più ricche minano alla base l’idea di una scuola pubblica nazionale e mettono fortemente in discussione l’unità del sistema dei diritti”. Lo ribadiscono con forza: “Regionalizzare l’istruzione significa disgregare il Paese. Regionalizzare i contratti, gli organici, i salari del personale della scuola, vuol dire subordinare la garanzia di un diritto alle risorse economiche della regione, dare di più alle regioni che hanno più soldi e meno alle regioni con meno risorse. I diritti non possono essere un bene limitato alle condizioni di dove si vive: in caso contrario il destino per il Molise, come per tutte le regioni più povere, sarebbe già segnato”.

E promettono mobilitazioni per fermare quello che giudicano un progetto disgregatore: “Vogliamo vivere un Paese solidale, che abbia una scuola di tutti e per tutti, dove anche i più poveri possano raggiungere i gradi più alti degli studi, proprio come dice la nostra Costituzione”. Ma senza classi e scuole e con le culle vuote oltre all’opportunità di vedersi garantita l’istruzione è a rischio l’esistenza stessa della regione.

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