Senso/78

L’arrivederci di Nicola Malorni, che annuncia il suo impegno politico: “La città è l’anima”

Con questo articolo lo psicologo Nicola Malorni dà il suo arrivederci alla redazione e ai lettori di Primonumero.it. La rubrica Senso tenuta per 78 settimane si conclude per cedere il posto a un impegno politico in vista delle prossime elezioni Amministrative di maggio

Cari lettori, con questo articolo, dopo 78 settimane di ininterrotta collaborazione per la rubrica Senso, sospendo questa straordinaria esperienza “giornalistica” (uso le virgolette in quanto “psicologo prestato” per un po’ al giornale), di cui sarò per sempre grato all’Associazione “Primonumero – Città in rete”, alla direttrice responsabile Monica Vignale e a tutti gli infaticabili giornalisti della redazione, per la loro elevata professionalità.

Parlo di sospensione, e non di conclusione, poiché mi auguro che da Senso possa ancora germogliare in futuro qualcosa di nuovo e di altrettanto appassionante per la cultura psicologica del nostro territorio. Il mio, quindi, è un “arrivederci”, un saluto che rivolgo a tutti voi con la gioia che questo appuntamento settimanale mi ha regalato fin qui e con l’entusiasmo per ciò che mi appresto ad avviare. Mi mancherà molto questo spazio! 78 argomenti diversi trattati fino ad oggi, un’attività di studio settimanale e di scambio con la redazione e con voi lettori che mi ha arricchito sia sotto il profilo professionale sia sotto quello umano. Mi mancherà in particolare il legame con voi lettori che, seppure in gran parte virtuale, si è alimentato nel tempo grazie alla vostra costante e partecipata attenzione alla rubrica.

Sull’opportunità di un mio impegno politico nelle prossime elezioni amministrative di Termoli, la convergenza di molte mie parti è ormai ampia e pacificata: sono cresciuti in questi anni la consapevolezza e il desiderio di poter dare un contributo diretto alla mia città, non soltanto mediante l’espressione di voto o le azioni progettuali che ho intrapreso e continuo a proporre sul territorio, ma anche attraverso l’investimento di attitudini personali e competenze specifiche in particolari ambiti. Ho quindi deciso, dopo una lunga riflessione, di avviare questa nuova esperienza aderendo al progetto politico regionale e nazionale dell’Assessore Vincenzo Niro, che sarà a sostegno della coalizione di centrodestra nelle prossime amministrative di maggio.

A molti colleghi risulterà insolito che un analista decida di impegnarsi concretamente in “politica”, data la naturale refrattarietà degli analisti all’impegno politico concreto che è legata soprattutto a questioni complesse che riguardano specificamente l’approccio analitico alla cura.

Ma al mio interno dialogano da anni diverse parti: lo psicologo clinico, quello di comunità, il consulente tecnico per i Tribunali, lo psicologo giuridico, l’analista, il progettista nell’ambito della cooperazione sociale, il coordinatore di progetti di prevenzione e promozione in ambito socio-sanitario e scolastico, e soprattutto il figlio, il marito, il padre. Dalla mia prospettiva, quindi, il “fare politica” è innanzitutto “impegno sociale” e poi credo che, anche attraverso la via di un impegno comunitario, il percorso individuativo di ognuno possa esplicarsi in modo più compiuto: “scendere in campo” allora significherà portare in strada, nelle piazze, nelle istituzioni, nei gruppi di lavoro funzioni e competenze specifiche che originano dal proprio percorso di vita, come anche dalla professione e, possibilmente, dalla matrice psicoanalitica che la informa e ispira.

Non a caso, James Hillman, analista junghiano e psichiatra americano scomparso solo alcuni anni fa, diceva che non esiste soltanto il disagio psichico personale, come voleva la psicoanalisi tradizionale, ma esiste anche, e forse soprattutto, una sofferenza di carattere culturale e collettivo.

Nel volume “Politica della bellezza” (James Hillman, Politica della bellezza, Moretti e Vitali ed., Bergamo 2005) egli affermava che l’obiettivo generale della politica dovrebbe essere quello di contribuire a superare le situazioni di alienazione e di oppressione dell’essere umano recuperando la connessione tra il “fare politica” e la “bellezza”: la polis (cioè il nostro vivere comune e condiviso) e la bellezza hanno profondamente a che fare l’una con l’altra e, soprattutto, hanno tremendamente a che fare con noi e con le nostre vite quotidiane.

Per Hillman la bellezza delle città e delle comunità è in grado di incidere sulla qualità della vita dei cittadini e quindi sulla loro salute in senso profondo, molto al di là degli aspetti meramente ludici e decorativi. Come la bellezza, anche la politica è chiamata ad “incidere” sulla nostra vita e a lasciare traccia sulla storia collettiva delle generazioni che si susseguono.

Ecco dunque che occorre che essa “affezioni” le persone (alludo all’espressione inglese “to affect” e alla reciproca “to be affected by” usate da Hillman nei suoi saggi): come la bellezza, l’impegno politico può promuovere il cambiamento, modificando profondamente il vissuto personale e collettivo. Perché ciò accada essa deve essere principalmente veicolo di passioni perché l’affection, ossia l’affetto, l’affezionarsi e le relazioni tra le persone basate sull’ascolto e sullo scambio comunicativo (solo in questo senso si può parlare di polis e di comunità) “contagiano” come l’opera d’arte, come la bellezza di uno scenario naturale che s’insinua, resta impressa, diventa tutt’uno con noi. Questo accade quando uno sguardo ti ascolta, quando un problema incontra una speranza e quando un impegno si concretizza in una sequenza di atti che portano alla risoluzione o al ridimensionamento dell’ostacolo originario. Questo accade quando un luogo natìo ti richiama, quando è lì che vuoi vivere e mettere su famiglia perché “ti fa sentire a casa”, quando è lì che vuoi costruire, scrivere e narrare la tua storia individuale. Politica allora è il richiamo della bellezza, è l’istanza tremenda dei luoghi dell’anima, è l’attrazione del genius loci (nell’antichità la divinità protettrice di un luogo), è l’affettività che ti nutre col calore ricevuto e donato quotidianamente nella tua comunità di appartenenza.

Mi affascina questo modo di concepire la “cura del bene comune” – preferisco questa declinazione dell’impegno in politica a quella del “fare politica” o semplicemente dell’“impegnarsi politicamente”: perché il tema del rapporto tra città-polis, bellezza ed essere umano è la matrice dell’equazione perfetta per la buona Politica.

Credo debba essere il nostro senso del bello a portarci fuori dalle nostre stanze e a incontrare la comunità: è la nostra capacità di appassionarci di “Bellezza” a renderci attivi socialmente e personalmente. Perché il senso del bello pervade di “eros” il mondo fuori di noi, rendendolo desiderabile assieme alle persone, alle loro vite, al loro benessere, al loro “essere comunità”.

Cosa ha allontanato i cittadini e i giovani dalla politica negli ultimi decenni? La stessa cosa che allontana ognuno di noi dall’abnorme, dalla sproporzione, dal brutto, dalle disarmonie: la ribellione dell’anima verso la bruttezza. È possibile non esserne coscienti, ma il brutto che si percepisce nell’autoreferenzialità, nell’ego-centrismo, nella corruzione, nell’arroganza e in altri loro derivati, si trasforma spontaneamente per nostra natura in frustrazione, disaffezione, confusione, mancanza di rispetto, maleducazione (istinto a deturpare, lasciare rifiuti, inquinare i mari, rovinare opere d’arte ecc.), rabbia, persino violenza.

Per questo Hillman insisteva sulla cura della cultura e del benessere collettivo delle comunità perché anche il singolo individuo possa curarsi e salvarsi. La bellezza della città e della comunità che la abita (con le sue tradizioni, le sue feste, le sue opere originali, le sue storie uniche) è il primo aspetto da curare se vogliamo avere cittadini più felici e una città più efficiente, comportamenti sociali più inclini alle relazioni e creativi, meno violenti e intolleranti. Come possiamo pensare che la mancanza di un cinema o di un teatro in una città non influisca sulla qualità della vita delle singole persone e non sia la concausa di atti di vandalismo giovanile? Come possiamo credere di poter promuovere la solidarietà di famiglie verso bambini senza risorse se le stesse famiglie potenziali affidatarie sono lasciate orfane di servizi di supporto?

Con una formula poetica Hillman è arrivato ad affermare che “la città è l’anima”: ed io credo sia proprio così. La cura degli individui deve avere la sua corrispondente cura della città in cui si vive. Esiste tra le piazze, i monumenti, il mare, il borgo antico, il parco comunale e il mio modo di essere, di comunicare, di sentire, di amare, di appassionarmi, una profonda correlazione.

Noi interiorizziamo il nostro rapporto con gli spazi fisici, con il verde delle piazze e dei parchi, con i servizi presenti, con la comunità di appartenenza: la nostra città ce la portiamo dentro e fa parte di noi, concretamente, del nostro vissuto. Questo è il motivo per cui esco dalla mia stanza di psicologo e per una “cura del bene comune”, per un impegno comunitario, saluto Primonumero per un po’ dandovi appuntamento in città!

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