Operazione drug market

Spaccio di coca in casa, Campobasso come Scampia: smantellato sodalizio criminale

Si rifornivano da San Severo e da Caserta le due famiglie campobassane che avevano messo in piedi il traffico per smerciare droga nel capoluogo e nei paesi vicini. La 'cupola', che utilizzava anche giovanissimi, è stata smantellata dopo le indagini del Nucleo operativo e radiomobile coordinate dalla Procura di Campobasso. Undici le misure cautelari eseguite, dieci le persone denunciate. Tra queste una minorenne. "Lo spaccio non avveniva in strada, ma nelle abitazioni dove 'lavoravano' la sostanza stupefacente", è stato detto nella conferenza stampa che si è svolta questa mattina - 1 marzo - dopo il blitz.

Via Romagna, quartiere San Giovanni, a Campobasso. Questa la ‘nuova’ Scampia molisana. Era diventato il cuore della traffico di droga smantellato con l’operazione ‘Drug Market’ che ha preso il via questa mattina – 1 marzo – all’alba nella città capoluogo.

I militari del Comando provinciale Carabinieri di Campobasso hanno eseguito 11 misure cautelari – tre in carcere e otto ai domiciliari – emesse dal gip del Tribunale di Campobasso su richiesta della locale Procura Distrettuale antimafia dopo circa 8 mesi di indagini, iniziate lo scorso maggio. Undici le persone coinvolte, tra di loro anche un albanese. Avevano messo in piedi una sorta di ‘cupola’ per lo spaccio di sostanze stupefacenti e a loro gli inquirenti hanno contestato il reato di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.

Il sodalizio criminale, come è stato spiegato nella conferenza stampa che si è svolta poche ore dopo il blitz e gli arresti, era composto principalmente dagli esponenti di due famiglie campobassane che si avvalevano di numerosi affiliati. Smerciavano con un sistema collaudato in tutta la città e nei paesi limitrofi, come ricostruito nelle indagini coordinate dalla Procura e condotte dal Nucleo Operativo e Radiomobile della compagnia Carabinieri di Campobasso.

Campobasso era la base logistica ma la sostanza stupefacente arrivava da San Severo, in provincia di Foggia, e da Succivo, un paese della provincia di Caserta. Una conferma del legame criminale che si è stretto e consolidato nel tempo tra la malavita di Molise, Puglia e Campania.

“Questa inchiesta è importante per due motivi”, è stato esplicitato durante l’incontro con i giornalisti dal procuratore capo Nicola D’Angelo, dal sostituto Vittorio Gallucci, dal comandante dei carabinieri Emanuele Gaeta e dal tenente dell’Arma Giorgio Felici. “Il primo perché consolida il fatto che la droga in Molise arriva da Puglia e Campania (San Severo e Caserta nel caso specifico), l’altro è che si sviluppa nella città di Campobasso”. E se in passato il fenomeno riguarda più “Termoli, Campomarino e le zone limitrofe”, ora i traffici si sono spostati sul Molise centrale. “Campobasso non è indenne, dunque. Anzi”.

Gli approvvigionamenti avvenivano almeno una volta a settimana. In città e nei paesi vicini arrivava così cocaina a fiumi, come emerso da osservazioni, pedinamenti e perquisizioni. Intercettazioni video e ambientali hanno permesso di ricostruire come funzionava il sistema, in particolare “mentre tagliano la cocaina, cedono la roba a moltissimi clienti. Scene inusuali e rilevanti, immagini che eravamo abituati a vedere magari a Scampia o nel Foggiano. Ebbene queste sono state girate a Campobasso”.

Gli inquirenti hanno definito “collaudato” il sodalizio criminale: “‘Lavoravano’ in casa. Lo spaccio non avveniva per strada, ma nelle abitazioni”.

E quindi anche il nome scelto per l’operazione – Drug Market – non è casuale. “Nasce dalle modalità di spaccio e di acquisto: tutto avveniva in casa”.

Tutto è cominciato “con accertamenti su strada, dopo che alcuni individui sono stati fermati e controllati e trovati con piccole dosi di cocaina. Piccole dosi che erano la ‘spia’ del sistema e “che ci hanno allertato rispetto ad uno spaccio possibile in zona San Giovanni. Così abbiamo scoperto l’associazione a delinquere”.

Secondo passaggio: l’individuazione degli “obiettivi che potevano essere usati per lo spaccio” e l’osservazione di “un via vai continuo in un palazzo dove tramite nostri punti di osservazione – è stato spiegato ancora in conferenza – siamo riusciti ad individuare persone che entravano e uscivano dal condominio.  Successivamente alcune di loro sono state fermate e trovate con la cocaina. Quindi è partita un’attività tecnica che ha smantellato un’organizzazione che nasce dal nulla ma è stata ben architettata da due famiglie con precedenti specifici che hanno unito le proprie forze e conoscenze per dare più forza a questa associazione”.

Oltre 1500 le cessioni di stupefacenti. Avveniva in due modi. Il primo: “Contatti preventivi tra acquirenti e spacciatori, telefonate con un linguaggio criptato e frasi come “hai carne pronta?” Oppure “passo per il caffè”. Durante queste intercettazioni abbiamo attributo al linguaggio le reali richieste”.

E’ durante le intercettazioni che gli investigatori capiscono che lo spaccio di droga era diventato “un vero e proprio affare di famiglia”. Perchè, hanno esplicitato, “i due nuclei coinvolti si sono incontrati in casa, seduti al tavolo per contrattare quanta droga acquistare, come tagliarla e a quanto venderla. Nell’appartamento erano presenti anche minorenni. C’erano giorni in cui in casa si sono presentati anche cinque acquirenti insieme. Tant’é che il capofamiglia ad un certo punto è costretto ad urlare per mettere ordine perché nella fila di acquirenti si era creata confusione”.

Il sodalizio aveva ‘arruolato’ anche un albanese: trasportava droga dalla Campania. “Quando è stato fermato – hanno raccontato gli investigatori – aveva cinquanta grammi di coca pura all’80% che avrebbe fruttato il doppio trasformando i cinquanta grammi in centocinquanta. Durante la perquisizione aveva nascosto la coca sottovuoto in un calzino per depistare i cani antidroga”.
Dopo il blitz, complessivamente tre persone sono finite in carcere, otto ai domiciliari. Invece ci sono nove indagati a piede libero, tra cui un minore.

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