Depuratore di termoli

Liquami in mare, scendono i sub per indagare sul guasto. Porto allo sbando e banchina chiusa da un anno

Indagine per capire se e dove la condotta sottomarina del depuratore del Porto presenta una rottura. Il liquame di colore marrone, quell’acqua con le “bolle” comparsa qualche giorno fa alle spalle della struttura, non lascia ipotizzare nulla di rassicurante. E in realtà ne sono tutti già convinti: la tubatura sotto il livello del mare che sfocia a due chilometri e mezzo, scaricando i reflui della città, è rotta. Ancora una volta.

Ma per avere la certezza che si tratti di un nuovo guasto – e sarebbe il terzo in 4 anni – serve una “prova”. Così ieri una squadra di sub si è calata in mare, munita oltre che di mute e bombole di ossigeno anche di attrezzature idonee a filmare, palmo a palmo, la condotta che costeggia il depuratore. Dai filmati che saranno visionati da Crea, la ditta che ha in mano la gestione del servizio idrico cittadino nell’attesa di capire che cosa succederà in un prossimo futuro, si dovrà comprendere il punto di falla e valutare la riparazione, che come i termolesi sanno benissimo – loro malgrado – non è lavoro da svolgere in quattro e quattr’otto.

Anche per questa ragione, cioè la obsolescenza del depuratore del porto e la sua fragilità strutturale, è impossibile secondo Crea procedere a nuovi allacci idrici fognari. Si rischierebbe il collasso, quel collasso che peraltro si sfiora ogni volta che il numero di popolazione residente aumenta con i flussi turistici oppure in caso di piogge più abbondanti del solito. Anche la Capitaneria di Porto è impegnata nelle verifiche del caso, con sopralluoghi sia all’interno che all’esterno della struttura, oltre che naturalmente in mare.

Un problema che si è posto già 3 anni fa, nell’estate 2016, quando ci fu una prima riparazione per un guasto che si era verificato mesi addietro. È ancora, nell’autunno 2017 una nuova rottura, riparata soltanto un anno fa. Del resto la vicenda del depuratore del porto di Termoli è già oggetto di una indagine della Procura della Repubblica di Larino, che aveva iscritto nel registro degli indagati i vertici Crea, il sindaco attuale (Sbrocca) e l’ex sindaco (Di Brino).

Sotto accusa, nel novembre 2017, proprio il nuovo guasto alle tubature che immetteva in acqua direttamente liquami non depurati con una altissima concentrazione di batteri. Il gip aveva sequestrato l’impianto, lasciando però la facoltà d’uso della struttura altrimenti Termoli si sarebbe trovata nei pasticci, per non dire altro: quello è l’unico depuratore che ha. L’impianto del Sinarca, infatti, che inoltre serve un numero esiguo di cittadini, è stato attivato di recente ed è ancora in fase di collaudo e solo parzialmente funzionante.

Gli episodi di sversamento dei liquami comunque avevano spinto i magistrati frentani a indagare amministratori e funzionari, ma la cosa sembra essersi fermata lì. Non ci sono state altre novità giudiziarie e l’eventuale processo per inquinamento è ancora in altissimo mare.

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Intanto il porto soffre di tutta una serie di problematiche che rendono la vita ardua agli operatori e agli stessi cittadini. Problemi che non accennano a intravedere una soluzione, come nel caso della banchina nel molo di nord est, chiusa esattamente un anno fa. Nel gennaio 2018 è stata blindata ed è rimasta così.  La Capitaneria di Porto aveva verificato la presenza di acqua di mare sotto la strada, penetrata attraverso l’erosione dalla parte sottostante del molo, dove a quanto pare ci sono buchi creati dal moto ondoso.

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In pratica uno svuotamento sotterraneo pericoloso, che ha aumentato il rischio voragini per l’intera zona. La strada è transennata, non si può percorrere e i lavori di messa in sicurezza non sono iniziati. Al contrario: alle recinzioni ormai logore, si aggiungono cumuli di immondizia a restituire una desolante idea di abbandono totale.

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