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Tentato riciclaggio del tesoro di Ciancimino, condannato imprenditore termolese Raffaele Valente

Raffaele Valente, 71 anni, condannato dal Tribunale di Roma a 4 anni e mezzo per il tentato riciclaggio nella discarica romena di Glina, la più grande d'Europa, di una parte consistente del tesoro di don Vito. Lui si è sempre dichiarato innocente e ha fatto lo sciopero della fame in carcere. Il difensore Jo Mileti: “Sentenza incomprensibile, l’accusa è stata smontata pezzo a pezzo. Faremo Appello perché questo processo non ha dimostrato nulla”.

Accusato con altre quattro persone di aver tentato di riciclare una parte del tesoro di Vito Ciancimino. Oggi la nona sezione del tribunale di Roma ha condannato Raffaele Pietro Valente, imprenditore termolese residente tra la costa molisana e il Montenegro, 71 anni.

Un processo iniziato nell’estate 2014, quando Valente è stato arrestato con la pesante accusa di essere uno dei prestanome del figlio del boss siciliano ed ex sindaco di Palermo Vito.

 

4 anni e mezzo di reclusione e 3mila euro di multa. Questa la sentenza letta oggi alle 14 e 30 dal presidente del collegio penale Valentina Valentini. “Una sentenza che ci lascia basiti e grandemente sorpresi” dichiara a caldo l’avvocato Joe Mileti, che non nasconde lo stupore per una sentenza che, a suo giudizio, ha sposato una tesi accusatoria “che non è riuscita a provare nulla”.

 

Il processo che oggi si è concluso in primo grado di giudizio, è nato dalle risultanze di una maxi operazione avviata dalla direzione Distrettuale Antimafia in Abruzzo. Gli investigatori stavano scavando sulle infiltrazioni della criminalità organizzata nella fase della ricostruzione post terremoto quando pensarono di avere individuato alcuni imprenditori avvicinati per fare alcuni investimenti in Romania.

Le indagini scoprirono l’inizio di una complicata compravendita della società rumena Ecorec, gestore della discarica di Glina, la più grande d’Europa, per 60 milioni di euro a una società del Lussemburgo.

Un affare mai andato in porto che per la pubblica accusa aveva l’obiettivo di evitare confische dell’autorità giudiziaria italiana sui capitali riferibili alla mafia.

 

In pratica gli inquirenti ritennero di aver trovato tracce del riutilizzo di una parte consistente del famoso tesoro di Ciancimino proprio in Romania, nel redditizio settore dei rifiuti illeciti. Il fascicolo era stato poi trasferito per competenza a Roma.

 

Raffaele Valente, finito in carcere e agli arresti domiciliari, è considerato dalla Procura di Roma il titolare di quote della società finita nell’inchiesta. La ricostruzione degli investigatori è incentrata su un fitto intreccio di società e quote azionarie cedute e rivendute fra aziende con sede in Romania. Si tratta, in particolare, di Agenda 21 Sa, di Alzalea e di Ecorec, proprietaria della più grande discarica d’Europa, 114 ettari capaci di accogliere rifiuti per 48 milioni di metri cubi e in grado di produrre un fatturato di 238 milioni di euro. Per i giudici di Palermo prima e Roma poi, dove è passata l’inchiesta, i veri titolari delle aziende sarebbero Massimo Ciancimino e l’avvocato Gianni Lapis, mentre Valente  sarebbe uno dei prestanome, quello che avrebbe  seguito passo passo la trattativa per svuotare Sirco, società ad amministrazione giudiziaria finita nel mirino delle Procure e riconducibile al figlio del boss, e per riprendere il controllo e la proprietà di Ecorec, dove Cinacimino avrebbe investito parte del tesoro.

 

“In realtà, come dimostrano i fatti, Sirco è rimasta socia di Agenda 21 sempre – ha dichiarato in aula durante l’arringa Mileti – e l’accusa insiste su un errore che non riconosce nemmeno dopo tante dimostrazioni contrarie”.

Valente, difeso oltre che da Joe Mileti anche Antonio Ingroia, che poi ha lasciato la difesa al penalista termolese, aveva anche fatto lo sciopero della fame proclamandosi innocente e perseguitato, e aveva scritto a Napolitano e Renzi.

 

Il suo difensore annuncia il ricorso in Appello (“visto il verdetto alla luce del dibattimento è scontato”) e commenta con grande meraviglia l’esito dell’udienza odierna: “Sono curioso di vedere dove potranno appoggiarsi le motivazioni”, che usciranno tra 90 giorni.

 

Nell’agosto del 2014, poche settimane dopo l’arresto di Valente, Primonumero ebbe modo di interagire con Massimo Ciancimino il quale aveva chiamato la redazione raccontando la sua versione sui rapporti con l’imprenditore termolese, che proprio in quei giorni stava facendo lo sciopero della fame. “L’ho scoperto dal vostro giornale – aveva riferito Massimo Ciancimino – Ho conosciuto superficialmente Valente nel 2008 a Bologna, a Palazzo Pepoli, ma non ho mai fatto affari con lui”.