Allarme violenza

Dora, Sharon e Martina: storie ordinarie di violenza e di straordinaria forza interiore

Gli alunni del liceo Artistico hanno raccontato, tramite canzoni, video e storie vere la violenza subita dalle donne ed il loro percorso di rinascita, lanciando un monito a chiunque si trovi a vivere episodi di violenza o assista ad uno di questi: denunciate.

Sono numeri da capogiro quelli relativi alla violenza di genere emersi negli ultimi dieci anni dalle indagini Istat: mille 740 donne uccise in Italia, di cui il 71% in famiglia, quel nucleo nato per proteggere le persone, un guscio sicuro, lontano dalla cattiveria e dai maltrattamenti che si trasforma, fin troppo spesso, in un carcere.

Cosa si può fare per invertire la rotta e debellare il fenomeno? Una domanda a cui hanno cercato di dare una risposta gli alunni dell’Istituto Artistico ‘Benito Jacovitti’ di Termoli (qui l’intervista ad Antea Calvarese della 5^F, una delle organizzatrici) che, mercoledì 5 dicembre hanno organizzato una riunione focalizzata sulla violenza di genere, invitando il Capo della Squadra Mobile di Campobasso Raffaele Iasi (intervista in allegato) e le psicologhe del centro antiviolenza.

Un corridoio tappezzato di rose di cartapesta, rosse e bianche macchiate di rosso, cortometraggi, canzoni e lettura di storie vere di violenza. Le telefonate al 911, il numero americano per le emergenze, che denunciano gravi violenze domestiche come quella di Sharon, nome inventato, che ha ammesso di subire minacce o come quella di Dora, nome di fantasia, in vacanza con i genitori e che un giorno, mentre passeggia con il suo cane Sugar, un pastore tedesco, viene avvicinata da tre ragazzi in moto che le propongono un’uscita.

Dora accetta, felice di aver trovato qualcuno con cui passare del tempo, lontano dai genitori perché, in fondo, a 14 anni ci si sente già grandi. Dora sale sulla moto di uno dei loro e, assieme, raggiungono un bar. Risate, battute e qualche drink, una classica serata tra adolescenti. Ben presto, però, quel sogno si trasforma in un incubo: Dora esce un attimo dal locale e, durante la sua assenza, Giuseppe, Marco ed Antonio inseriscono nel drink analcolico alla frutta di Dora una droga da stupro.

Al suo rientro la ragazza beve il drink e, all’improvviso, cade in una sorta di trance, incapace di controllare il suo corpo e la sua volontà. I tre la caricano in moto e raggiungono un luogo appartato, lontano da sguardi indiscreti, ed abusano, a turno, di Dora, accasciata in un’auto abbandonata. Dopo aver terminato la violenza i tre spariscono, indisturbati. Dora rimane lì, al freddo, sola, senza telefono ed impaurita per ore: cerca di chiamare sua madre, urla, piange suda, vomita, qualcosa dentro di lei muore lentamente. L’effetto della droga sta scomparendo ed inizia a sentire dolore fra le cosce, lì dove quei tre ragazzi hanno abusato di lei.

Dora viene ritrovata solo il giorno successivo dai Carabinieri, grazie al fedele Sugar che, quasi cieco dall’età avanzata, non si è arreso ed ha seguito l’odore della sua padrona, il suo tutto, senza mai fermarsi. Grazie alle testimonianze i tre sono stati presi dai Carabinieri e, durante l’interrogatorio, hanno cercato di difendersi e far cadere la colpa su Dora, accusata dai mostri, di “essersela cercata e di fare la santarellina solo ora”. Dora ora è ricoverata in un ospedale di Trento e Sugar è lì con lei, fuori dall’ospedale, in attesa che il suo grande amore esca a giocare con lui.

Questa, assieme a tante altre storie vere, sono state raccontate dagli studenti che hanno messo in scena una vera e propria lezione di vita, lanciando un monito alle donne vittime dell’amore, coloro che subiscono violenza tra le mura domestiche e raramente denunciano i loro carnefici: denunciate sempre. Impaurite dal perdere quella che ritengono una famiglia, di restare sole o di non essere ascoltate o credute, passano sopra a tante cose. Che sia uno schiaffo, un calcio, o una parola violenta. Perché la violenza è fatta anche di frasi e sono più di  3 milioni e mezzo le donne ad aver ammesso di aver subito atti persecutori da parte di qualcuno, di essere vittime di stalking.

E allora cosa si può fare? “Denunciare sempre, che si tratti di vittime dirette o che si assista ad una violenza – ha commentato il Capo Iasi durante la conferenza – Il consiglio è di rivolgersi ai centri antiviolenza, alle Forze dell’Ordine senza paura”. Il mondo è pieno di persone come Dora, ma lei non si è arresa, ha lottato ed ha denunciato i suoi carnefici e, lentamente, tornerà alla normalità, alla sua vita ed a passeggiare serenamente in un parco con Sugar.

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