Cronache

Sanità, un’altra mazzata sul Molise: imminente la chiusura del punto nascita di Termoli

Parti al di sotto dei 500 all'anno: per la legge non può sopravvivere, costi troppo elevati. Ora arriva il sollecito dal ministero alla Sanità: chiudere Ostetricia-Ginecologia dell'ospedale San Timoteo. Si resta in attesa, ma la decisione sembra irrevocabile e la deroga appare molto difficile per l'attuazione del decreto Balduzzi in una regione sotto Piano di rientro

Piano di rientro, tagli al personale, reparti soppressi, diritto alla salute a rischio. L’ultimo caso, quello di Michele Cesaride, 47 anni di Larino deceduto per una emorragia cerebrale – un caso collegato direttamente all’emergenza neurochirurgica in Molise, dove permane un solo reparto che si trova al Neuromed di Pozzilli –  sta facendo molto rumore a livello nazionale. E’ un dramma che ha portato all’attenzione dell’opinione pubblica la situazione drasticamente compromessa, sotto il profilo del diritto alla salute, di una regione nella quale il decreto Balduzzi, considerato il vero imputato nella penalizzazione della sanità locale, è stato applicato alla lettera: via i doppioni, un solo presidio ospedaliero di primo livello a Campobasso e due nosocomi di base a Isernia e Termoli. Nessun Dea di II livello, unica regione italiana a soffrire di questa carenza.

La Asrem ha già avuto modo di precisare che questo accade perché il Molise è sotto piano di rientro e non può godere di nessuna deroga. Difficilmente dunque si potrà fare un’eccezione rispetto alla dura legge dei numeri, che impongono il mantenimento dei punti nascita in regione solo se effettuano almeno 500 parti all’anno. Termoli è sotto: molte le partorienti che si rivolgono a strutture fuori regione ma soprattutto pochi nati, in linea con la tendenza nazionale. E così il destino della ginecologia dell’ospedale San Timoteo di Termoli sembra segnato: si chiude.

 

Alle voci sempre più insistenti che si sono rincorse nelle ultime settimane, la cui fondatezza è stata parzialmente ammessa anche dai vertici sanitari, ora si aggiunge il sollecito che il ministro della Salute Giulia Grillo ha fatto recapitare in occasione della ispezione ministeriale per il caso di Michele Cesaride. Nessuno, negli uffici di vertice dell’Azienda sanitaria, vuole esporsi ammettendolo pubblicamente, ma la lettera del dicastero esiste, nero su bianco, a concretizzare i peggiori timori dei medici e degli amministratori, che finora hanno cercato di ignorare la legge per non privare il San Timoteo e il Bassomolise, già privati di molti servizi assistenziali, di quest’ultimo diritto.

Ma la legge vigente, richiamata dal ministero alla Sanità, è chiara:  il punto nascita del San Timoteo non è più sostenibile per i costi elevati che comporta, perché attivare un centro per 500 parti costa come attivare un centro per mille nati. Il dispendio di risorse economiche farebbe perciò accelerare un iter procedurale di dismissione del reparto contro il quale finora si è opposto un silenzio tenace.  Insomma, il Molise deve prenderne atto e andare verso la chiusura di Ostetricia-Ginecologia: questo il succo della lettera che aggiunge un altro tassello al puzzle di criticità ed emergenze sanitarie del Molise.

Difficile immaginare che si riesca a tirare avanti troppo a lungo in questa situazione, a meno che non si riesca – come sarebbe intenzione del Governatore – a ottenere una serie di eccezioni per il Molise rispetto ai parametri stringenti del decreto Balduzzi.

Le leggi nazionali si applicano, e a quanto pare per ora la nostra regione non può contare su nessuna deroga: il numero di parti effettuati a Termoli ormai da un paio d’anni non arriva ai 500 annui. La inevitabile conseguenza che sembra prospettarsi è una chiusura entro l’anno del reparto, per il quale ora bisognerebbe attivare una procedura di salvaguardia che, norme alla mano, appare molto molto difficile.

Il tempo delle attese è scaduto: in Italia i punti nascita con meno di 500 parti all’anno verranno chiusi. Una decisione che viene prospettata come una misura di tutela per mamma e bambino, ma che significa anche che molte partorienti dovranno spostarsi di diversi chilometri per far nascere i bambini. E, in una regione come la nostra, caratterizzata da strade carenti e pericolose, diventa un rischio anche questo.

Ma i ministeri guardano i numeri e i requisiti affinché un punto nascita sia certificato e possa continuare a esistere, nonché i costi di mantenimento (sala parto almeno con annessa una sala operatoria per il cesareo d’urgenza, equipe ostetrica operativa 24 ore su 24, equipe di anestesisti, neonatologo sempre reperibile 24 ore su 24, attrezzature per emergenze ostetriche e neonatali e per il trasporto del neonato per l’eventuale trasferimento in centri di secondo livello) e sono poco interessati al particolare che  il punto nascita di Termoli è l’unico del territorio in un ospedale con sempre maggiore limitazioni, dovute anche agli accorpamenti dei reparti. Una ulteriore forma di penalizzazione sia per la popolazione residente sia per il personale medico e infermieristico. Una mazzata.

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