Caporalato e lavoro nero, il rapporto Agromafie “punisce” il Molise

Il Molise non è immune dal fenomeno del caporalato: nel 2017 nella nostra regione è stato certificato, denunciato, il 6 per cento dei reati.  Questo è quanto emerge dal Quarto Rapporto Agromafie e Caporalato a cura dell’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil. Un settore, quello dallo sfruttamento e dal caporalato in agricoltura, che produce un giro d’affari pari a 4,8 miliardi di euro. Altri 1,8 miliardi di euro all’anno, invece, riguardano l’evasione contributiva.

Un’azienda agricola su quattro in Italia ricorre all’intermediazione del caporale per reclutare la forza lavoro: sono 30 mila su tutto il territorio nazionale. “Ovvero il 25 per cento del totale delle aziende del territorio nazionale – spiega la Flai Cgil -. Il 60 per cento di tali aziende ingaggia i caporali capi-squadra, che si differenziano per modalità di natura economica e per livello di condotta criminale dai caporali mafiosi e caporali collusi con organizzazioni criminali”.

Nel 2017 diverse sono state le operazioni condotte delle forze dell’ordine che hanno sgominato delle e vere e proprie filiere dell’irregolarità e dello sfruttamento. Secondo la Flai Cgil, il 6 per cento degli arresti e delle denunce per caporalato è avvenuto in Molise. Una percentuale bassa ma, purtroppo, in crescita rispetto ai report degli ultimi anni.

In basso Molise, nell’ottobre del 2017 ci fu il primo arresto per ‘caporalato’ in regione. Un bracciante 53enne di Rotello reclutava giovani ospiti dei centri di accoglienza per la raccolta delle olive. Questi, tutti di nazionalità africana, lavoravano sette giorni su sette, senza pause e per 20 euro al giorno, in assenza di contratto e garanzie di legge. I militari di Larino e Rotello con i colleghi dell’Ispettorato del lavoro, dopo una indagine puntigliosa, hanno portato in carcere il caporale, che è stato multato per 41mila euro.

La paga, appunto, varia tra i 20 e i 30 euro al giorno e un compenso di al massimo 4 euro per riempire un cassone da 375 kg. Un orario di lavoro che va da 8 a 12 ore al giorno e un salario inferiore a quanto previsto dai Contratti collettivi nazionali di lavoro e Contratti provinciali di lavoro, assicura la Flai Cgil, di ben il 50 per cento.

Altri sette imprenditori della provincia di Isernia furono denunciati nel settembre del 2017. Titolari di imprese nei settori edile, agricolo e commerciale furono accusati di intermediazione illegale allo sfruttamento lavorativo, fino alle violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro. Tra i casi più significativi scoperti dai carabinieri, quello del titolare di un’impresa commerciale del capoluogo pentro che pagava gli operai la misera somma di circa venti euro per una intera giornata lavorativa.

Nei 220 distretti agricoli censiti dal rapporto, in media sono 500/700 i lavoratori agricoli reclutati in modo irregolare e occupati in condizioni indecenti. Nei distretti sono presenti, secondo le stime della Flai Cgil, circa 34mila caporali, circa 102 per provincia ovvero circa 15mila su tutto il territorio nazionale. Le principali attività delle agromafie sono: tratta di essere umani finalizzata al grave sfruttamento, intermediazione illecita di manodopera, import/export dei prodotti agroalimentari, infiltrazione nella logistica e nel settore dei servizi alle imprese, infiltrazione nel settore delle energie rinnovabili legate alle attività agricole, imposizione di forniture all’ingrosso e al dettaglio.

 

 

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