Senso/32

Una domanda estesa di aiuto psicologico in tutto il Molise. Si risponda!

Un appello alla nuova squadra di governo regionale perché si occupi della felicità dei cittadini e affinché tenga presente gli “indicatori di benessere e malessere psicologico” per una valutazione oggettiva delle politiche da mettere in pratica. È il momento di raccogliere le indicazioni e le proposte dei cittadini e degli operatori a rendere concretamente operativa l’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza in campo psicologico anche nella nostra regione.

Mentre si sta definendo in questi giorni la nuova squadra di governo della nostra Regione, mi ritrovo a fare il punto sullo stato di salute psicologica delle nostre comunità e sulle sfide che ancora ci attendono.
Da prospettive differenti ma in campi di azione sicuramente attigui, noi psicologi ci occupiamo, assieme agli amministratori, ai rappresentanti istituzionali, agli altri operatori sanitari e sociali in genere, dei processi che regolano la felicità dei cittadini.

Ritengo anche, come già affermato in altre occasioni per questa rubrica, che gli “indicatori di felicità” dei cittadini andrebbero considerati come fondamentali per la prova di competenza politica, come magistralmente sostenuto da due noti economisti, Frey e Stutzer, nel 2002 nell’ottimo volume “Happiness and Economics: How the Economy and Institutions Affect Human Well-Being (Ed. Princeton University Press, NJ).

Mi auguro che il Presidente Toma, unitamente agli assessori e consiglieri regionali, ai quali auguro un buon lavoro, vogliano inserire nella loro cassetta degli attrezzi anche gli “indicatori di benessere e malessere psicologico” per una valutazione oggettiva delle politiche che la squadra di governo vorrà mettere in atto, in contesti quali la cura della salute, i servizi sociali, la scuola, la famiglia, il tempo libero, l’ambiente, la cultura, le dimensioni creative del cittadino molisano.

Mi aspetto di trovare al centro dell’agenda politica un’azione di governo mirata anche ad alleviare la sofferenza dei tanti cittadini che si rivolgono ai nostri studi e servizi perché la loro particolare infelicità ha ridotto significativamente le loro capacità funzionali in ambito familiare, educativo, scolastico, lavorativo, sociale. Si tratta di una parte importante di Molise che ha necessità di una “cura ecosistemica”.

Penso a quel genitore che, ad esempio, stretto dalla violenza della conflittualità familiare sta vedendo distruggersi il proprio ruolo genitoriale e la salute dei figli; c’è il giovane che non ha mai imparato a sognare, beve, non frequenta la scuola, fa uso di droghe quotidianamente e maltratta spesso genitori e fratelli, esponendosi spesso a comportamenti devianti; c’è la giovane madre violentata da un compagno che desidererebbe proteggere i bambini dalla violenza e non ha ancora fiducia nei servizi e prima di tutto in se stessa, non denuncia e subisce, presta fede al segreto di famiglia, perché dice a questa amica o quel famigliare che “vuole proteggere i figli”, disconoscendo al contempo la propria inconscia paura di cambiamento; e penso anche ai genitori dei bambini con autismo che denunciano l’assenza o la carenza di trattamenti elettivi nei servizi sanitari e sociali, al di là degli abituali interventi di logopedia e psicomotricità; e ripenso anche a Francesco, Marco, Elena, Elisa, Nicola, Antonella (nomi di fantasia) – bambini allontanati dalle loro famiglie che, pur ricevendo cure e protezione nelle nostre Comunità alloggio, hanno anche la morte nel cuore perché sanno che i genitori non sono adeguatamente aiutati a cambiare, perché gli anni passano ma il Giudice non potrà, ancora una volta, farli tornare a casa, non essendoci le condizioni socio-ambientali e affettive ritenute idonee.

Ci sono poi i giovani con disabilità e con i genitori ormai anziani, il cui futuro, già incerto, inizia da qualche anno a caricarsi di quelle ombre nere, tanto minacciose da togliere il respiro, che l’invecchiamento di un genitore, unico faro nella loro vita, porta con sé.
E c’è poi l’emergenza sociale, spesso trascurata, della violenza giovanile tra i pari: ai fenomeni di bullismo hanno prontamente dato spazio i mass media locali nel riportare notizie anche da noi; le istituzioni sono intervenute prendendo decisioni opportune nell’immediato; tutto sembra aver funzionato. Ma la risposta è stata in genere orientata a emettere dei provvedimenti di tipo perlopiù contenitivo. Trascorso qualche tempo, il tema ha perso di interesse, i giornali non ne hanno più parlato, le istituzioni e i servizi non hanno più avviato azioni sistemiche di promozione di stili educativi e relazionali più funzionali, con la possibile conseguenza che il fenomeno potrà ripresentarsi con caratteristiche non diverse dal passato. Non possiamo non domandarci fino a che punto le nostre azioni possano incidere su questi fenomeni, ottenendo un reale effetto trasformativo. Sono convinto che la nostra azione debba essere sinergica, lungimirante, protratta nel lungo termine, sistematica, e soprattutto orientata non tanto al contenimento o alla repressione (la famosa prevenzione secondaria o terziaria), ma alla promozione delle risorse positive che nel caso del bullismo sono la capacità relazionale, la cooperazione, la sana gestione dei conflitti, la capacità empatica – che nel bullo, purtroppo, risultano carenti.

Risulta chiaro a noi psicologi che il cittadino che ci chiede aiuto sta ponendo innanzitutto una “questione politica”. Non potranno esserci buone azioni di governo senza la partecipazione della psicologia ai processi governati dagli affetti, dalle relazioni, dalla cultura. Per mia formazione personale non ho mai pensato che il problema della salute mentale o il problema del disagio psicologico dei giovani o delle famiglie, o la questione della promozione stessa di benessere psicologico che i nostri pazienti/utenti ci portano quotidianamente non sia un problema politico. Sono loro a richiederci il coraggio di interventi di promozione a lunga scadenza, e non il consueto, spesso inutile ricorso a misure “progettuali” a termine. Si pensi alle attività del Terzo Settore, molto spesso declinate (anche quando trattano dimensioni che riguardano cicli di vita, crisi di sistemi familiari, processi di individuazione nei giovani) in “progetti a termine” (1 anno, 2 anni e poi più nulla).

Ci chiedono invece di non navigare a vista i nostri pazienti, di non ricorrere a modesti interventi di tattica correttiva o preventiva e privi di visione strategica. Ce lo hanno chiesto i piccoli pazienti del Centro VATMA di Termoli, unico centro clinico che aveva approntato un efficace modello di intervento integrato multiprofessionale per il contrasto delle violenze sui bambini e che a causa di “scelte” programmatiche ha chiuso i battenti dopo due anni di attività: oggi, i bambini del VATMA sono adolescenti, giovani, e alcuni continuano a chiedere aiuto negli studi privati, altri invece hanno smesso di chiederlo, perché il percorso “a progetto” presso il Centro non si è declinato in un vero accompagnamento verso l’individuazione e la vita, che deve essere duraturo e rispettare i tempi individuali di cura e di maturazione dei singoli. I bambini del VATMA continuano a chiederci la sensibilità di distinguere il concetto di promozione da quello di prevenzione che invece viene spesso favorito perché prospetta risultati tangibili nell’immediato.


C’è una domanda estesa di aiuto psicologico in tutto il Molise. E’ arrivato il momento di raccogliere le indicazioni e le proposte dei cittadini e degli operatori a rendere concretamente operativa l’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza in campo psicologico anche nella nostra regione. Ora lavoriamo affinchè quanto contemplato nei Nuovi LEA, introdotti dal DPCM del 12 gennaio 2017, si traduca in diritti esigibili dai cittadini molisani in relazione ai loro bisogni di salute.

La Psicologia nel sistema dei servizi non è soltanto un “costo”; ha dimostrato anzi la propria dignità in termini di elevato “value” perché gli interventi psicologici sono in grado di generare effetti sulla salute nel breve, medio e lungo periodo con costi che risultano vantaggiosi in termini di risparmi per i servizi sanitari e sociali. Moltissimi studi con trial randomizzati controllati dimostrano l’effetto clinico ma anche fisiologico, ovvero le modifiche su circuiti e strutture cerebrali così come sul funzionamento corporeo, degli interventi psicologici e gli effetti significativi e duraturi per un’ampia gamma di patologie, in genere equiparabili o superiori a quelli dei farmaci.

Accanto agli studi di efficacia si è cominciato da alcuni anni ad effettuare anche valutazioni di impatto economico: gli interventi psicologici non costano nulla al sistema, perché si ripagano da soli con le minori spese che innescano e che spesso fanno anche risparmiare.
Non possiamo continuare a trascurare che nell’attuale quadro epidemiologico è evidente il nesso causale tra condizioni difficoltose di vita ed emergenze di salute, ovvero tra disagio psicologico significativo e protratto (distress psicologico) ed insorgenza di disturbi psichici e patologie fisiche, con conseguenze anche sul decorso e i costi della patologia.

Gli psicologi sono fortemente implicati nei processi di promozione della salute e dei sistemi di assistenza e la dimensione psicologica permea trasversalmente l’intera attività sanitaria. Sarebbe sufficiente prestare una maggiore attenzione alla “domanda” del cittadino che si presenta allo studio del medico di base, per rendersi conto dell’importanza dei fattori psicologici che accompagnano la domanda stessa. Secondo le stime più accreditate i problemi di natura psicosociale stanno tra il 40% e il 60% di tutte le consultazioni negli studi dei medici di base.

La nuova squadra di governo faccia in modo che la psicologia assuma una collocazione più capillare e penetrante nel sistema di cura della salute.

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