Cronache

Palazzo Norante alla Marina: da granaio ai “fasti” del cinema Adriatico e del Caffè Bellavista fotogallery

Ha 160 anni di storia ed è uno dei primi edifici della Termoli “fuori le mura”, sorto all’indomani dell’autorizzazione borbonica del 1847. Il suo rudere è da anni imprigionato in una gabbia di tubi Dalmine nell’attesa che la nuova proprietà “Residence Pollice”, Comune e Sovrintendenza trovino l’intesa sulla sua riqualificazione. Nel frattempo sulla sorte dell’ex cinema Adriatico si è riacceso in città il dibattito politico-culturale, in cui finora è mancato l’approfondimento di carattere storico. Quest’articolo vuole essere un contributo in questa direzione.

L’inizio

Tutto comincia quando «L’onorevole Sig. Cavaliere D. Costanzo Norante fu D. Domenicantonio di Campomarino, avendo a cuore di dar positivo impulso al commercio sì marittimo che terrestre, che nei comuni di Termoli e Campomarino tiene di già attivato con le sue estese e molteplici industrie, si decideva nel 1856, ad elevare un maestoso edifizio sul piano denominato S. Antonio di Termoli, lunghesso la riva dell’Adriatico…».

Nell’avviare l’opera, Norante è convinto che presto sarà costruita a ovest del borgo antico una banchina a ridosso delle mura e contemporaneamente «una linea di strada ferrata che mettesse in immediata relazione gli Abbruzzi con le Puglie[…]». Non solo.

Il futuro senatore è anche sicuro che a essa «non volgerà molto tempo che vi andrà unita l’altra, che il nostro parlamento è per discutere, cioè la Campania Sannitica (la Benevento – Campobasso – Termoli, ndr) che mettendo capo a Termoli renderà straordinariamente in immediata comunicazione con tutte le città d’Italia».

Questo e molto altro si può leggere nel prezioso documento di 86 pagine, scritto interamente a mano e raccolto tra due eleganti copertine di colore azzurro con sovrimpressioni in oro, intitolato «Misura e liquidazione dei lavori», che lo storico prof. Pasqualino Di Giulio ha gentilmente messo a disposizione per questa ricostruzione.

Vi sono annotate minuziosamente tutte le parti realizzate, le dimensioni (misurate in palmi) e i costi di ciascuna di esse. In sostanza il computo metrico consuntivo, redatto nel 1862 da Carmine Baranello di Ferrazzano, costruttore del fabbricato. In esso si fa esplicita menzione delle difficoltà incontrate già durante la fase dello scavo che, oltre a rallentare fortemente i lavori (durati complessivamente sei anni), hanno determinato un considerevole aumento dei costi.

La valutazione di questo insieme di problemi ha portato Norante a ridimensionare drasticamente il progetto firmato dall’ing. Andrea Serio del Genio Civile: «È perciò che fu elevata una sola quarta parte dell’edifizio progettato e propriamente quella che guarda a Nord Est che ora è stata addetta la parte inferiore a uso di scaricatoio di grani con dietro magazzino e la parte superiore a grande locale di deposito di generi diversi con diversi ammezzati».

Che i Norante avessero potuto costruire in quella zona un mastodontico edificio come quello progettato è perché la loro proprietà si estende all’intero costone che regge il belvedere di S. Antonio. È, dunque, grazie a quel lontano, provvidenziale cambiamento di programma che oggi i termolesi, ma non solo, possono godere dell’incantevole panorama della spiaggia e del Borgo da una delle più belle terrazze esistenti nelle città costiere adriatiche.

Non si sa con precisione quanti siano i fabbricati della “nuova” Termoli già elevati al momento dell’Unità d’Italia, è certo, però, che sul lato est del granaio di Norante non vi è ancora la scalinata che collega il Corso Nazionale alla strada per la spiaggia (sarà realizzata solo nel 1908), mentre sul lato opposto confina col terrapieno del piazzale di S. Antonio. In seguito, proprio in questo punto, al primo corpo di fabbrica ne sarà addossato un secondo, di dimensioni più ridotte e più basso.

Il «grande locale» di cui si parla nel documento è quello che si trova alla quota di via Roma, che anni dopo ospiterà il cinema Adriatico. Lo «scaricatoio», suddiviso in tre grossi spazi, diventerà invece magazzino di pesce all’ingrosso, deposito di calce viva, piccola fabbrica di gazzose e altro ancora. L’accesso è dal Lungomare Cristoforo Colombo, all’epoca Via Marina.

I cospicui beni che i Norante di Campomarino hanno a Termoli sono conseguenza del matrimonio tra Domenicantonio, sesto figlio di Nicola Norante e Maria Felice Golini, conLuisa Bassani, figlia del Dott. Domenicantonio (la ricerca genealogica è di M. Cristina Norante).

Oltre alla freschezza degli anni (è poco più che adolescente quando va in sposa), Luisa porta in dote terreni e fabbricati, tra i quali si elencano la scoscesa del colle di S. Antonio e forse parte del piazzale e il grosso dell’area di piazza Vittorio Veneto (dove si trova il monumento ai Caduti). E non è finita.
Nel centro storico la proprietà si estende al grande palazzo di Tornola, (adibito nei primi decenni del Novecento a scuola elementare e a carcere mandamentale, mentre oggi è in parte ristorante (Svevia) e albergo diffuso (Residenza Sveva) e in parte vuoto; la vallata del Molinello, ora parco comunale e altro ancora. Dal loro matrimonio nasceranno dieci figli.Costanzo, venuto al mondo nel 1828, è il settimo della “nidiata” (1).

Questi, in età adulta, aggiungerà ai beni già posseduti 203 ettari di «ottima terra» facenti parte del demanio comunale di contrada Rivolta del Re (dove ora sta il Nucleo industriale), per un prestito non restituito dall’ente pubblico. L’aspro contenzioso che ne è seguito si è chiuso nel 1887 con la restituzione forzosa al Comune dei beni in quel modo acquisiti.

I Bassani sono anch’essi, come s’è visto, benestanti, vantano ascendenze nobiliari e godono a Termoli di molto rispetto. Si dice che il loro casato sia di origine turca stabilitosi nel nostro Paese, dove col tempo ha italianizzato il nome da Pascià Bassà in Bassani.

Saverio Cannarsa, autore delle vicende che condussero al sacrificio dei fratelli Brigida, li definisce «uomini di spirito colto e liberale […]. Il Ramo di Termoli numerò Medici, Giudici, Avvocati…». Alcuni suoi membri, coinvolti nei moti del 1799, saranno massacrati dalle bande armate sanfediste (2).

Secondo l’avv. Domenico Antonio Norante, sentito per l’occasione, è probabile che nella divisione dei beni di famiglia a Costanzo siano toccati quelli della madre o gran parte di essi. Di qui il suo impegno in prima persona nella vicenda del granaio. Che Norante fa costruire senza badare a spese, come se si trattasse di palazzo signorile, abbellendolo con bugne, portali e cantonali in pietra scalpellata a mano, mattoni a faccia-vista, cornici e quant’altro:

«… i lavori alacremente s’intrapresero senza curar spesato ammendata per gli ottimi materiali di cui l’Edifizio veniva a comporsi facendosi venire dalla Provincia di Bari ed adibendosi all’uopo ottimi maestri chiamati da lontane contrade».

La somma stanziata per la sua realizzazione è di 10.000 ducati, lievitata poi fino a 14.893. Da essa sono state defalcate quelle corrispondenti al valore dei materiali avanzati, portando così il costo finale dell’opera a ducati 12.349.

Anche per le parti interne dell’edificio il Cavaliere non ha lesinato i ducati. Lo testimoniano la qualità dei materiali impiegati e l’utilizzo di manodopera specializzata forestiera. Il grosso tetto, ad esempio, poggia su robuste capriate di legno. Otto possenti pilastri sorreggono le volte a crociera dei locali sottostanti, fatte con mattoni pieni. A vela è invece la volta del magazzino retrostante.

Sei aperture nel solaio permettono di immettere dal «grande locale» il grano nei capienti spazi sottostanti. Le buche a loro volta sono munite di coperchi di legno foderati di robusta lamiera. Grosse maniglie in ferro battuto ne agevolano la manovra di apertura e chiusura.

Nel magazzino retrostante lo scaricatoio, Norante fa realizzare anche un canale di scolo per le acque sporche dei bagni. I portoni dell’ingresso di via Roma sono in legno di castagno. Di abete quello del secondo fabbricato. Gli archi sono in pietra scalpellata a mano. Stessi materiali per i portoni e gli archi dei locali di via Marina.

La consegna dell’edificio avviene per mezzo della seguente scrittura: «I lavori descritti nella presente misura sono in perfetto stato ed i piena regola ed il tutto a norma del verbale di consegna redatto sopralluogo con l’intervento dell’incaricato del Cavaliere D. Costanzo Norante Sig. D. Benedetto Carmosino, che porta la data del Campobasso lì 10 aprile 1862. Carmine Baranello».

Note:
(1) Nato a Campomarino l’11/4/1828, deceduto il 17/12/1886. Celibe. Oltre alla cura dei suoi interessi economici è stato anche deputato del collegio di Palata (elezioni del 22/10/1865 e del 10/3/1867). Carica da cui si dimette il 5/12/1867. Tre anni dopo, nel 1870, è nominato Senatore del Regno. Più tardi, nel 1884 è insignito dal Re del titolo di Marchese di Santa Cristina.

(2) Cfr. S. Cannarsa, Una pagina della storia di Termoli. Ricerche storiche su fratelli Brigida ed altri nella rivoluzione del 1799, Ediz. Enne, Campobasso, 1999.

(Fine I parte)

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